Emigrare

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Il quadro: Pensieri, acrilico su tela, cm 100 x 100.
Un quadro che ha cambiato volto varie volte. Se non ci fossero le fotografie sarebbe un quadro. Con le foto è una storia, come annotata su un diario stratificato.
Vedi qui le diverse fasi.


Emigrare


E ci trovavamo la sera, attorno al fuoco, nel bosco.
Eravamo solo maschi. Le donne non venivano a questi raduni. Le donne non ritenevano importante tutti questi complotti per le nostre ambizioni. Loro davano continuità alla vita, noi volevamo un cambiamento.
Loro pensavano alla sopravvivenza dei nostri figli, giorno dopo giorno, noi eravamo pronti a rischiare la vita – e non solo la nostra.


Ermes disse: è un mondo vecchio! Disse: guardate! C’è l’orario di lavoro che divora le nostre giornate. Non ci sottrae solo il prodotto del nostro lavoro. Ma ci depriva del nostro stesso progetto di vita. Noi coviamo il nostro progetto di vita sotto la cenere. Riusciamo a mala pena ad accenderlo la sera, come questo fuoco. Perché non abbiamo tempo. E, dopo la giornata di lavoro, non abbiamo più neanche le forze.
I più lo hanno lasciato svaporare. Il loro tempo è tutto occupato. C’è il loro lavoro, il loro stipendio, ma non ci sono più loro.


Noi ascoltavamo, fumando. Sentivamo indignazione. Ma non riuscivamo a capire quale rivolta, quale rivoluzione, ci avrebbe portato a recuperare il nostro tempo, il nostro progetto di vita. Ermes era stanco. Stanco di fare rivoluzioni – cioè di partecipare a rivoluzioni disegnate da altri. Alla fine – diceva – è sempre la stessa cosa.


Una sera, invece, venne proprio una donna.
Non ce l’aspettavamo.
Miriam era una magrebina, immigrata.
Era la fidanzatina di qualcuno.
Fummo stupiti.


Ci disse della sua esperienza da immigrata. Era anche colta. Aveva studiato. Era emigrata.
Sì, ci disse che non era venuta semplicemente per trovare lavoro o condizioni migliori di vita. Ci disse dell’impulso a partire, ad andare immigrati. Disse che anche noi dovremmo saperlo, perché siamo stati un popolo di immigrati, nel passato.
Ci disse di questo impulso a cercare un nuovo mondo, a dargli vita. Ci disse che succede quando dove stai manca cibo, per il corpo o per l’anima.
Ci disse che uomini e donne audaci, in queste circostanze, lasciano dove stanno, si slegano, tagliano i legami, e partono. Per aprire la geografia umana con nuovi spazi.
Disse che, a quel punto, non interessa più uno stile di vita. Disse che importa l’avventura, il viaggio, la ricerca.
Ci parlò di questa esperienza del viandante. Che è interiore ed esteriore.


Io capii che Miriam era un’ontonauta.
Capii che Miriam era nella nostra società, nel nostro mondo, andava al supermercato, aveva l’orario di lavoro, ma non era come noi. Non viveva tutto questo come lo vivevamo noi. Lei era immigrata, lo viveva da ontonauta. Era alla ricerca di un nuovo mondo. Lei era uscita da, aveva tagliato con, ed era in cerca di.


Fu quel discorso di donna che mi ricondusse a quello che ero. In un viaggio di migrazione. Alla ricerca di un nuovo mondo. Non ero un pollo d’allevamento. Avevo ritrovato la mia dimensione nomade, selvatica, libera. E stavo movendomi ogni giorno verso il nuovo mondo.



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Domenica 16.00 – 19.00

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