Un’età da inventare
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Nella foto: Le donne del Guarini all’Atelier Clivi di via del Purgatorio 5, Firenze, sistemate fantasticamente da Angelita Torre.
Un’età da inventare.
Se ne parlava oggi con Dagna, alla Ca’ Sport. Certi stati di commozione, certi assalti dei ricordi, fanno tutt’uno con quel venir meno delle ginocchia, con quella lentezza nel riprendere le energie…
Insomma, si tratta di quella faccenda che abbiamo chiamato vecchiaia, di cui abbiamo avuto paura, a cui ci siamo preparati solo intellettualmente, senza immaginare che…
E lo sappiamo ormai un po’ tutti che si tratta di qualcosa da accettare. E il mio compito nuovo dovrebbe essere proprio questo: accogliere e inventare la mia vecchiaia.
Ma sono come uno che sta sul confine. Sulla cresta della montagna. E che ancora vede da entrambe le parti.
Probabilmente non è per niente saggio, ma sento ancora voglia di stare da questo versante. Dal versante dei trentenni, degli inventori del proprio futuro, dalla parte di quelli che sospettano o farneticano di avere qualcosa di speciale ancora da dare. E che tutto il resto, questo lungo passato, non sia stato che preparazione.
Quante volte il presente ha cambiato la storia! Le storie si raccontano sempre a partire da adesso. Non è l’adesso l’epigono della storia, ma al contrario, è la storia figlia del presente. E il presente è stato l’ultimo evento che ha modificato la vita.
Alla fine del mese ho il mio incontro con l’Università della Terza Età. Ho fissato col direttore dei corsi il tema della lezione: Cosa farò da grande? Un po’ insolito, vista l’età media del pubblico.
Forse è una lotta. Mi va bene lottare contro la legge ferrea della natura che dice nascita, giovinezza, maturità, vecchiaia e morte. Io credo che l’uomo abbia questa facoltà. Che possa resistere alla tentazione di abbandonarsi passivamente alla legge del fiore, che sboccia, matura e muore.
E dunque, oggi, posso dire a me stesso che imparerò a inventare la mia vecchiaia e nel contempo proverò a fare ancora qualcosa che abbia il sapore della giovinezza. E intanto voglio che i miei amici siano trentenni. Con loro discuterò nel fine settimana, attorno alla griglia, nel mio bosco, i destini dell’umanità.
Barbara, Cristina, siete pronte?
Parleremo dell’arte e del suo potere.
Parleremo del rifiuto di obbedire alle mode.
Parleremo dell’autonomia dell’artista, anche quando deve pagare le bollette e il mercato si mostra duro e farraginoso.
Parleremo della scoperta della sorgente, dentro il proprio essere. E del linguaggio nuovo cui ogni artista aspira.
Perché l’arte vuole rinnovare la percezione del mondo, lo sguardo della vita.
Parleremo, forse, della bellezza dell’amore romantico, indipendentemente dal matrimonio e dalla famiglia. Parleremo dell’amore come stato del cuore, come luogo dell’ispirazione, come contatto con l’altrove.
E se farà caldo, c’immergeremo nelle fresche acque del torrente, che qui ancora ricorda le montagne da cui deriva.
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