Categoria : Eugenio Guarini
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Il quadro: Camminare nel vento, acrilico su tela cm 100 x 100
Camminare nel vento
Il mio sogno era quello di essere energia creativa. Qualcuno che quando l’incontri si accende ed inietta. Come una sinfonia, come la musica in genere. A suo modo una forza della natura. O qualcosa del genere. Anche a livello spirituale, perché lo spirito è qualcosa che brucia nel motore della vita. E le persone di spirito tengono allegri e su di giri. È benzina arricchita. Un carburante speciale.
Il mio sogno non finiva mai di ridefinirsi. Ogni volta le parole cercavano di andare più nel segno. E di scoprire altro. Perché il sogno non è una creatura facilmente esauribile. Il sogno non s’aggiusta facilmente alle cose che riusciamo a dire. Il mio sogno era come l’anima che alita sulla palude al mattino.
Ho detto addio a qualcosa, recentemente. Ho detto ancora addio. Una storia di addii, io credo, la mia. Addii per non restare inchiodato alle spiagge dove ho amato. E lasciare che il vento dell’oceano mi chiami ancora. Finché mi chiama sono vivo, dicevo. Finché seguo il richiamo, vivo – dicevo.
Nel dire addio, mi ritrovo. E tutta la regione della paura, dove mi sono perso negli ultimi mesi, tutta questa regione sembra alle spalle. Che sia l’addio la prima parola del neonato? Staccarsi tante volte, da sé, prima che sia la vita a staccarti dal ramo. Giocare con la morte la partita a scacchi, come nella leggenda. E sortire d’incanto alla trappola dell’entropia.
Ognuno ha il suo destino – è giusto pensare – e seguirlo, andargli incontro, è obbedire alla vita. Fin da ragazzo ero un ribelle. Ribelle alle regole del mondo, non al destino. Ho sempre amato quello che non comprendevo. Quello che comprendevo lo tenevo in tasca e ci giocavo con le dita.
E stamani ho rimesso il vestito di lino. Ed era rientrare sulla giostra. Finalmente il sorriso, dopo tanto tempo di dramma borghese.
E ho capito che tanta comicità di oggi è piuttosto cretina. Perché l’oggi sembra aver perso il senso della tragedia e la capacità d’indignazione. E senza il senso della tragedia è difficile che la comicità diventi satira pungente, che faccia pensare. Solo battute che solleticano la superficie dell’uomo.
Se la comicità è stupida, i nostri ragazzi sono bravi ragazzi e si divertono con niente. Passano il tempo. Non devono schierarsi. E possono vivere in casa fino a 40 anni, con la mamma che cucina e lava i panni.
E anche il sesso si stacca dalla passione e diventa un godimento in sé. Un pasto crudo. Senza personaggi. Come da menu.
Ma io volevo essere nell’anima del mio tempo.
Non sulle passerelle, né nelle agenzie di immagine, né nelle palestre della comunicazione.
Volevo essere nell’anima del mio tempo. Cui appartengo a pieno titolo. Con tutte le incertezze, l’andamento rizomatico, lo spezzettamento e l’inquietudine.
Nell’anima di un tempo ridotto alla domanda. Dopo il crollo non solo dei muri, ma delle dottrine e dei sistemi.
Nell’anima che si sa domanda.
E che si vive come ricerca, e dunque, amore.
NOTIZIA
Ecco l’indirizzo esatto della mia prima esposizione a Firenze:
Atelier di CLIVI, via del Purgatorio, 5, Firenze
Angelita Torre ha fissato una sere di locali nel centro della città dove i miei quadri verranno esposti successivamente. Questo atelier di coiffeur, nel cuore stesso di Firenze, è la prima meta.
Non appena ci saranno foto le farò conoscere.
La data di partenza è dopodomani, mercoledì 18 aprile 2007.
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