Tempo d’incubazione
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Tempo d’incubazione.
Li chiamarono “concetti” fin dall’inizio della riflessione, che era già consapevolezza. E avveniva utilizzando metafore dalla prima e ricchissima conoscenza della natura, nelle sue manifestazioni più vistose.
Suona latino, oggi. Ed è proprio così. Ma così vicino al nostro lessico usuale! “Concetti” è da concezione, in altri termini concepiti.
Ragazzi! Qui è in gioco – nella metafora – quello che avviene nel corpo di lei – la donna.
Che effetto ti fa la donna incinta?
Spavento? Meraviglia?
Certo, il contadino semina e vede germogliare, e concima, e vede crescere e fiorire e fruttificare…
Nel corpo della donna, l’orto o il giardino, non è più soltanto di terra. Noi conosciamo le immagini – le abbiamo viste alla televisione – di quella terra morbida, umida, pulsante, che è carne viva, attraversata da fremiti, dove avvengono scambi, e processi, tutti caldi e umidi, e i sali si muovono in un frenetico lavorio di entità da sbigottimento, scandito dalle pulsazioni del cuore.
E tutti ne sappiamo un po’. Ne abbiamo immagini in testa.
Possiamo avere ribrezzo o esplodere di meraviglia. Sono previste entrambe le versioni. Ma ognuno di noi, per poco che siamo dotati di attenzione, e quale che sia la filosofia che oggi professiamo, siamo usciti dal quel lungo processo di gestazione nel corpo della donna, e dalla sua inquietante umidità abbiamo messo fuori il naso all’aria asciutta del mondo.
Io ho visto nascere uno dei miei figli. L’esperienza più intensa della mia breve storia. Ma so niente di quei nove mesi. Niente dall’interno.
Le donne lo sanno? Lo sanno di più?
Ogni idea si chiama idea quando è già luminosa e si può vedere. Ma prima è concetto, concepimento, nei meandri oscuri della mente e dell’anima e del corpo.
Quando traffichiamo con le idee ci comportiamo come se fossero sempre lì a disposizione. E, di fatto, abbiamo idee già nate, talvolta già mummificate, a disposizione. Abbiamo archivi di idee e cimiteri di idee. Idee che scorrono nel traffico cittadino, vestite alla moda, o in abiti frusti e trascurati…
Ma le idee vivaci, quelle che hanno messo il loro contenuto effervescente alla luce del sole, non erano tra noi ieri. Sono uscite allo scoperto stanotte, dopo un lungo periodo di incubazione.
Il tempo d’incubazione è importante.
Anche se noi, abituati alla fretta e all’efficienza meccanica non lo sopportiamo tanto bene.
Per molti di noi il tempo d’incubazione è insopportabile.
I disagi e l’imbarazzo di un tempo dell’apparente non efficienza!
Per questa sindrome da efficienza meccanica che alimenta la fretta, il nostro tempo è spesso un tempo di aborto anche nel campo delle idee.
Idee vive, bambine effervescenti e gioiose, col carico di speranza, richiedono gravidanze pazienti e felici.
Chiedete alle donne incinte cosa fanno per gestire alla grande.
Loro lo sanno.
E trasportate quei comportamenti nella creazione delle vostre idee, che sono i vostri figli.
E poiché noi partoriamo noi stessi varie volte nella nostra vicenda, inviterei a riconoscere e rispettare i tempi di incubazione, esattamente come una donna incinta sa fare. Arriverei perfino – spingendo la metafora al confine – a considerare tutti i periodi in cui vi sentite a disagio, goffi, appesantiti, gonfi, saturi, insofferenti, come momenti di gestazione. E ad affrontarli come una donna incinta sana e saggia. In maniera che nasca un nuovo voi, bambino pieno di speranze, con occhi nuovi e innocenti.
Le nostre organizzazioni hanno subito l’influsso potente del modello di Taylor, costruito per il lavoro meccanico ed esecutivo. Non c’è intelligenza, in esse, del tempo di gestazione. Non è un caso che, lì dentro, molte persone si sentano abortite.
Eppure, questo non è più un destino nell’epoca post industriale. De Masi sa riscoprire e disegnare splendidi esempi di organizzazioni fantastiche nella nostra storia europea, che avevano saputo realizzare l’efficienza con modelli diversi dal taylorismo, generalmente legati a metafore biologiche, quando l’influsso dell’America non era ancora vincente (Leggete il suo bel libro: L’emozione e la regola).
Ma c’è anche un taylorismo dello stile di vita, e perfino un taylorismo dell’anima, che rischiano di non avere intelligenza per il tempo di gestazione.
E, in tal caso, è difficile essere veramente creativi, perché creare è sempre procreare, concepire e mettere al mondo.
Impariamo la creatività dalle donne incinte!
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