Mani di merda

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Mani di merda!


D’accordo. È una situazione di stallo. Ma non puoi mettermi in crisi in questo modo. Se mi dici: io non so fare nulla, non ho nessun sogno, faccio quello che sto facendo, probabilmente non so fare altro, ma sono terribilmente triste… Se mi dici cose del genere cosa credi che possa fare? Mobilitarmi io al posto tuo? Tu credi che, a voler bene a una persona, si riesca a fare miracoli di questo genere?
Forse mi stai chiedendo qualcosa a cui non so come rispondere…


Ci penso da un paio di giorni. La questione era già emersa in passato. E, lo riconosco, ho glissato. Come si fa a non glissare in qualcosa che t’inquieta?


L’hai detto ridendo. Credo che tu faccia un po’ di autoironia, per lenire l’inquietudine. Hai detto: Se aprissi, mettiamo, un negozio, lo chiamerei “Mani di merda”!. Ho riso con te, per stare al gioco. Ma dentro mi sono portato uno strascico d’amarezza.
Era per te? Era per me? Vassapere!


Guardo le mie mani e dico: mani di merda. Tanto per capire, per sentire…
Non è possibile, mi dico. Qui c’è un trucco. Qui c’è un inganno. Una trappola.


Amici miei, che leggete e che state cercando di immaginare questo colloquio, ve l’assicuro, a vederla, la mia amica, sembra proprio che non le manchi niente. C’è da innamorarsi del suo volto. Ha due occhi spalancati che dicono: sono curiosa della vita, voglio esplorarla da capo a fondo. Parla con gli occhi, ve lo dico io – credetemi.


Insomma, non meniamola per le lunghe. Diamoci una scossa.
Se la stiamo menando per le lunghe su una faccenda come questa, probabilmente anche tre anni fa la stavamo menano per le lunghe. E, molto probabilmente, tra tre anni, la staremo ancora menando…
Le persone che hanno operato dei cambiamenti – quelle che conosco io, a cominciare da me stesso – a un certo punto hanno capito che se la menavano e hanno deciso di smetterla.


Quanto poi a non avere un sogno nel quale investire la propria passione, proviamo a rovesciare la faccenda e a dire che abbiamo spento la passione fino al punto di non avere più sogni. Perché la passione è il desiderio che impazzisce e non riesce più a star seduto nel salottino buono. E che mai potrebbe succedere se gli aprissimo le porte? Se gli dessimo il permesso di sparare?
E succede in questo modo che ciò che ci fa sentire vivi ci spaventa a tal punto da preferire di anticipare la morte. Una morte a rate, come nelle assicurazioni, come nei mutui. Invece di morire tutto d’un colpo, rateizziamo la morte a tempo indeterminato.
Pagheremo il premio in maniera così tenue da non avvertirne il peso?


Questa è la logica della rana bollita. Invece di buttarla nell’acqua calda – cosa che la farebbe scattare immediatamente fuori dalla pentole – aumentiamo la temperatura a fuoco basso, gradualmente. La rana si troverà lessa senza rendersene conto.


Se non smettiamo di menarcela e se non apriamo le porte alla nostra passione per la vita, non se ne esce.
Riconosco che molti di noi – io sono tra questi – non si mobilitano prima di aver toccato il fondo. Insomma, siamo ad un punto in cui solo la disperazione diventa amica della nostra voglia di vivere.


Ma, se per caso, ti mobiliti – voglio dire: se per caso senti che è proprio giunta l’ora di mettersi in moto, beh, allora io so come si fa a scoprire il proprio sogno e a seguirlo con intelligenza. Ho riflettuto molto su questo e continuo ad indagare.
Potrei parlarti di cose come l’immaginazione proiettiva, potrei parlarti della logica del riconoscimento, potrei parlarti del rapporto creativo tra visione e stato delle cose.
Potrei indicarti sentieri molto semplici per tesaurizzare passo dopo passo la tua ricerca, il tuo viaggio felice verso la piena espressione di te. Sì, non m’imbarazza affermarlo: questo lo so e posso indicartelo.
Quello che non posso fare è tirarti per i capelli. Mettere il tigre nel motore al posto tuo.


Se non ti dai una mossa, guarderò quegli occhi spalancati come si guarda una stella cadente nel mese di Agosto: un lampo, un secondo ed è subito buio.


 


Il quadro. Si chiama Una sincerità spregiudicata. Acrilico su tela, cm 100 x 100

Categorie: Eugenio Guarini