La strada, due.

La strada


La strada, due.


Naturalmente, lo so: nella concretezza delle cose – da fermo – sono molto meno eroico e ideale di quel che racconto nelle mie newsletter.


Faccio come i ragazzini? enunciano buoni propositi quando non sentono da vicino il gusto della marmellata, pronti a dimenticarsene non appena avranno un nuovo barattolo tra le mani?


Cosa sono, in fondo, le parole?


Qualcosa di simile ai vestiti. Vogliamo indossarne di belli per presentarci in pubblico. Anche quando abbiamo la pancia gonfia e un po’ d’eczema sotto l’ascella.


Ma i vestiti che indossiamo sono anche espressione del corpo che ci vorremmo dentro.


E questa faccenda del sogno m’interessa molto.
Come se ci fosse un mistero da scoprire.


Perché il sogno? Perché il desiderio?
Nella fisiologia dell’essere, che funzione hanno?
Che rapporto c’è tra sogno e vita?


Al centro c’è questo grande amore per l’avventura della vita.
Questo gusto di esserci.
Che è identicamente il piacere di esercitare le facoltà, i talenti. Di tentare l’impossibile con quel che hai. Di diventare bravissimo in quel che ami fare. Questo è follemente bello. Questo è pazzesco.


Non si vive tutto, infatti. Anzi si vive pochissimo.
La coscienza di cui siamo dotati ci mostra solo una piccola sezione di ciò che la vita è o sarebbe. E di questo siamo consapevoli.


Ciò ci tormenta. Ci stupisce. Ci emoziona. Sappiamo di non sapere il tutto. Questo è folle. Direi che questo potrebbe essere un principio generatore di follia. I folli si lascerebbero prendere dal risucchio di questa consapevolezza, di sapere quel che non sanno!


E dunque, in questa situazione, scrivere o parlare, dipingere, danzare, comporre musica, qualsiasi cosa espressiva, qualsiasi dimensione tu abbia in mano per dire, per dirti, è non solo un modo di fuggire alla follia, ma diventa il cammino della speranza.


Tu puoi sperare di arrivare, scaltrendoti, esercitandoti, diventando più bravo, a vedere, a sentire, a gustare ancora un pezzettino, qualcosa di più. Ed è questo che rende significativa – ai tuoi occhi – la tua storia.


La mia strada è questo. È su questo sentiero che voglio camminare. Semmai il mio sguardo si allargasse, se potessi sentire di più, se potessi essere davvero, invece di spingere la porta sulla soglia di casa!

Categorie: Eugenio Guarini