il piacere di essere

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Il piacere di essere


Quando cammino così come ora, tra i campi tranquilli, nelle ore del mattino, e lascio il respiro andare secondo il suo ritmo, sento di appartenere a questa grande “bella d’erbe famiglia e di animali”, che chiamiamo Terra.
Sento che respirare non è soltanto inspirare, ma anche espirare, e che espirare non è come liberarsi delle immondizie, ma donare alle piante qualcosa che le aiuta a verdeggiare.
Che sono, insomma, al crocevia di scambi che alimentano la vita del tutto.
E mi rendo conto che il piacere e l’essere qui coincidono: il piacere di essere.
E che questa è sempre stata – come se appartenesse alla stessa mia natura – la mia vocazione più profonda: identificarmi col piacere di essere.
Qui e ora io sono. Fragile fin che vuoi, effimero se vuoi, assolutamente transitorio anche… ma sono.
E mi viene il sospetto che se in altre circostanze o situazioni in cui mi metto o in cui sono trascinato, non c’è questa stessa sensazione di qui e ora, forse, è perché qualcosa di maldestro mi impedisce in qualche modo di essere appieno.
E vado congetturando di cosa si tratti e come si possa esportare in altri momenti e aspetti della mia vita quella qualità che qui e ora rendono l’essere così piacevole.
In questa beatitudine deambulante sono raggiunto da pensieri e idee appetibili e preziosi per la mia avventura che esplora il suo futuro. Mi vengono in mente scenari attraenti che si siedono sul mio orizzonte e mi par che la strada che percorro s’inclini in quella direzione, si che quasi ci scorra sopra scivolando, per cascarci dentro…
Forse sto “facendo il pieno di essere”, cosa che mi consentirà di andare e fare, restituendo così alla vita, nelle forme che mi riguardano, quello stesso respiro che mi ha donato.
Avverto in tutto ciò profumo d’amore.
E anche una personale esperienza di libertà, consistente in non avere un percorso obbligato, un avere il permesso di lasciarmi attrarre dalla forza stessa degli incontri, cogliendo l’avventura che propongono. La possibilità di dire di sì ancora, senza che un sì detto precedentemente lo inibisca.
E soprattutto il tempo per poter pensare, che è come masticare adagio, ruminare, quel che mi succede. Lasciare che ciò che accade, in questo modo, diventi me mentre io divento lui.

Categorie: Eugenio Guarini