Talenti e spazi marginali

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Il titolo del quadro allegato è: Io guardo avanti.


Talenti e spazi marginali.


Eccoli, i talenti!


Si fa molta attenzione ai talenti, oggi. È bello.


I talenti, vogliamo scoprirli dentro di noi e metterli a profitto. È perfino evangelico. Quello che c’è di nuovo è il pensiero che con i propri talenti si può fare fortuna e, contemporaneamente, essere felici. Perché sviluppare i propri talenti è crescere, sviluppare se stessi. E tutto questo è nell’idea che oggi ci facciamo della nostra gioia di vivere.
Nell’ombra di questo discorso stano tutti quei talenti sfruttati e resi schiavi da un’organizzazione con cui abbiamo poco da spartire – tranne il salario.
Talenti in schiavitù sono tristi e depressi. Il talento chiede libertà, autonomia.
Il gusto, dunque, della vita passa lungo un sentiero in cui i talenti si conoscono, si sviluppano e si mettono a profitto in libertà.


L’intelligenza stessa – talento apprezzato da sempre – enfatizza un volto nuovo. Basta con l’uso dell’intelligenza per spiegare perché non possiamo fare certe cose. Questa è l’intelligenza impegnata a spiegare perché siamo schiavi. Oggi emerge su vasta scala un’intelligenza creativa impegnata a progettare l’impossibile. È l’intelligenza della grande tradizione della scoperta, dell’invenzione, della creazione del nuovo. Dove nuovo è ciò che rinnova la vita.


E talenti d’intelligenza emergono dappertutto. Non solo più l’intelligenza logico matematica e quella linguistica che a lungo hanno monopolizzato il Regno dell’Intelligenza. Ricordate, vent’anni fa, gli stimolanti studi di Howard Gardner sulla pluralità dell’intelligenza? E dieci anni fa quelli di Goleman sull’intelligenza emotiva? E che dire dell’intelligenza nascosta – inconscia – che fa funzionare l’universo intero senza che noi interferiamo con la nostra coscienza? Un’intelligenza potente e pervasiva che gestisce ogni cosa e invita il nostro pensiero a cercare l’armonia e la sintonia?


Nasce e si sviluppa l’idea di una cultura dell’intelligenza che si fida della vita – contrapposta all’altra idea – tanto tradizionale – di un’intelligenza critica che lotta contro l’universo.


E nascono così spazi – fisici e psicologici – in cui i creativi amano andare a cercare ispirazione e contatto. Spazi marginali rispetto alla vita sociale accreditata. Spazi interfaccia tra natura e cultura. Spazi dove si rinnova il brodo primordiale della cultura, una volta operato un ritorno alla natura che attraversa così profondamente il desiderio odierno in ogni aspetto della vita.


Amo quest’idea dello spazio marginale come luogo di creatività. Spazio marginale rispetto alla città ufficiale, sede del conservatorismo e dell’omologazione. Spazio marginale perché ai margini della città (anche città psicologica) si ritrova il contatto con la natura. Con il corpo, la terra, gli istinti, le forze vitali prima della creazione della città. Amo quest’idea che negli spazi marginali la cultura può rinnovarsi e riprendere il cammino ideale che è continuare la natura nello spazio umano.


In questo battesimo rigeneratore la tua anima si ritrova fresca come sotto il getto di una cascata montana. Un giunco fresco e flessibile che riprende a cantare con il vento.
Qui, in questi spazi, puoi creare un mondo tutto tuo, nato da te, da cui guardare al mondo intero, esplorando nuovi sentieri.


Aprire la mente è anche scoprire talenti dove, per tanto tempo, non si son visti. Ed è accedere ad una fonte d’energia che la città – irreggimentandola e incorniciandola – tende a spegnere nel cimitero delle glorie.

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