Primavera

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Il quadro s’intitola: Prima Vera.


Primavera.


Fino a un certo punto. Poi comincia davvero la nostra storia.


La natura ha fatto e continua a fare il suo lavoro. La storia e la società hanno fatto e continuano a fare il loro lavoro. La storia naturale e della civiltà ci consegnano all’esistente, al dato di fatto.


Dicono da qualche parte, con intelligenza acuta, che non è quello che capita la cosa decisiva per il senso della nostra vita, ma ciò che noi riusciamo a fare di ciò che ci capita.
Forse stentiamo un po’ ad impararlo perché da bambini ci rassicura pensare che qualcuno si occupa di noi in tutto e per tutto. Ma poi c’è il momento in cui impariamo il gusto di prendere in mano il nostro destino. E allora comincia la nostra storia. Quella in cui possiamo dire: io, noi.


Spesso oscilliamo avanti e indietro tra questi due orizzonti, quasi nella terra di nessuno attorno ai confini di due aree geografiche. Di là è il paradiso terrestre dove tutto ci è donato, di qua è il regno dell’avventura dove tutto deriva dalla nostra iniziativa.
Di fatto i due mondi sono intrecciati, convivono: le nostre avventure e le nostre imprese mordono su ciò che c’è e su ciò che avviene, e aprono sentieri inediti che hanno valore per noi.
Si lavora bene quando si ha la sensazione che natura e storia ci sostengono e noi siamo sintonizzati con la loro onda lunga. Il regime di alleanza con le forze dell’universo ci rende fiduciosi e intraprendenti.


Ma quella dell’alleanza tra i nostri sogni e l’universo è cultura, più che natura. È un’opzione intraprendente e audace più che un dato di fatto. È una filosofia di vita, elaborata e scelta dall’individuo che vuole intraprendere.


Primavera è questo.
Il ritorno delle energie fresche, ecologiche, della vitalità e il riaccendersi dei sogni. Una doccia sotto la cascata di acqua  fresca che toglie via le incrostazioni cavillose. Nudi e fiduciosi nel gioco di dare una forma bella alla nostra storia. E di goderne nell’intimo. Di goderne nell’abbondanza. Di goderne nella fantasia.


E continuare a lavarsi ogni giorno, perché il cammino accumula polvere sulle nostre membra, e il sudore ve l’appiccica.
Non innamorarsi della nostra polvere, non sostare troppo nella nostalgia dei ricordi che essa porta con sé.
Lavarsi periodicamente, per ritrovare l’innocenza della voglia di vivere.


Ed è in quell’alba della vitalità che fiorisce una forma di intelligenza che non si sperpera nel collezionare le ragioni che spiegano i nostri problemi, ma, piuttosto, inventa espedienti per aprire sentieri nuovi nel bosco. Perché nulla vale, sul piano pratico, come l’acutezza ingegnosa di escogitare le favole che ci daranno i doni magici per raggiungere la meta, conquistare il nostro regno, rendendo il viaggio avventuroso e succulento.


Che venga la nostra primavera.

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