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Il quadro: Occhi che parlano (acrilico su tela cm 100 x 100)


Crederci


È probabile che sia così. Tutto comincia col crederci.
Che tu hai una storia tua da vivere, che è la tua avventura, che si ispira ai tuoi sogni e li realizza, che lavorarci ti renderà felice, creativo, che puoi abbandonarti all’ispirazione e non c’è bisogno di essere troppo severi e critici nelle decisioni che affronti…


E mi sono studiato, giorno e notte, di afferrare questa faccenda.


Le parole sono un dono straordinario. Senza parole come faremmo a dare un volto ai nostri pensieri? Ma le parole, anche, sono una trappola: le rigiri sulla lingua e sembra che non dicano altro che quello che hai già sentito, letto, immaginato. E qui, invece, si tratta di afferrare qualcosa che va più a fondo, che morde nella polpa stessa delle cose, che tocca il nocciolo del frutto maturo. Qui si tratta di usare le parole come una fionda. Che ti proiettino oltre.


E allora si tratta di lasciare le parole e di andare alle immagini che si trascinano dietro. E molto più ancora: di andare dalle immagini a guardare proprio dentro la vita. Per afferrare un senso ulteriore. Oppure per ricevere un messaggio nuovo.


Quando la raccontiamo privi di eccitazione, la nostra vita è piuttosto piatta e lineare. Ma tu hai vissuto proprio quella vita lì? Quella che racconti, grattandoti le basette, al Caffè Elena, sotto i portici di Piazza Castello? Stai costruendo una storia di te, ad uso del pubblico medio, che non comporta nessuna sfida, nessuna eccitazione. Preferisci rientrare nella cornice in cui tutti si ritrovano a bere un aperitivo.


La tua storia è molto di più. E, se hai uno spazio tutto tuo per riflettere e meditare, quando la raffiguri seguendo il desiderio, la tua storia è un film straordinario.


È probabile che tutto cominci col “crederci”.
E che significa “crederci”?


Dio, quanto chiacchieriamo girando intorno alle cose che ci premono!
Ci stordiamo di ragionamenti ben costruiti, da cui non esce fuori nessun costrutto.


Non so ancora se, a chiacchierare, cerchiamo di diventare consapevoli o cerchiamo piuttosto la perdita di coscienza, lo stordimento, l’anestesia. Come quando si beve, come quando si fuma…


Io mi rendo conto che quando dico che si tratta di crederci voglio trovare qualcosa di diverso da quello di cui sempre si parla. Voglio trovare qualcosa di diverso da una sorta di dormiveglia della ragione, voglio trovare qualcosa di diverso dal semplice slancio del cuore della poesia o della spiritualità preconfezionata.


Crederci – lo sento – non è più questo ribadire le frasi che ci alleviano la tensione, l’angoscia e la disperazione. Non è un andare in panchina, per prendere fiato, durante la partita. Crederci è un modo diverso di essere dentro la mischia.


È il modo di esserci davvero, aprendo il palmo della mano, lasciando che la corrente della vita ti scivoli dentro in tutta la sua ampiezza, e di operare con slancio nella direzione che il tuo sogno ti indica.


Crederci è un modo di essere, non solo di pensare o di sentire.
Crederci è Primavera.



BELLE NOTIZIE
La cara amica – bella e brava, di cui vedete la foto in home page del sito – annuncia il suo lavoro teatrale: cipolle, di Cristina Vignato Amma, regia di Tiziano Panici, scene e costumi Elin Sigurdadottir, con: Cristina Vignato Amma e Bruna Bossi, MARTEDI’ 28 E MERCOLEDI’ 29 MARZO ore 22 Teatro Argot Via N. Del Grande 27, Roma.
Dice Cristina: “Cipolle” è la storia di una, cento, mille donne che si rapportano a questo mondo di oggi in cui tutto cambia, tutto va veloce, tutto è facilitato e in cui  loro, noi,  non riusciamo più a sentirci. Non riusciamo più a capire come stiamo, non ci prendiamo il tempo per farlo e facciamo fatica a spogliarci dei nostri strati, anche se vorremmo tanto condividere con l’altro la nostra vera essenza.
Insicurezze, paure, sensazioni .. tutto esplorato in chiave ironica, l’unica per me possibile, evitando così di dare risposte e suggerendo invece nuovi interrogativi.
E chi sono tutte queste donne, ossessionate dal controllo, dal sesso, dalla forma fisica, così diverse ma collegate  tra loro dal desiderio di un contatto vero?  Sono “tutti strati della stessa cipolla” , forse se cominciassero davvero a “respirare” e a contattare  lo spazio del cuore,  riuscirebbero a percepirlo.
“Cipolle” non  è un quadro ma una fotografia, scattata con l’autovelox, di pezzi di vita in continua trasformazione.
Per informazioni Teatro Argot 065898111

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