Ai piedi delle betulle

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Ai piedi delle betulle


Mi sveglio e vedo le stelle. Sarà bello e andrò in giro.
Mi decido per il Palasot. E ho fatto bene. L’aria è molto morbida.


Non c’è porzione di montagna abbastanza piccola che non contenga un universo intero di incredibile bellezza. Lo si dovrebbe poter dire anche in pianura. Non è sempre possibile.


Ai piedi delle betulle. La mia attenzione, oggi, ha scelto questo spazio: il luogo dove la pianta erompe dalla terra. Una voglia di vita che si spinge fuori.


La sensualità, qui in montagna, estende il suo significato. Ad esempio, si applica a un fungo appena estruso da terra. E scivola naturalmente nella mistica: le rosse ammanniti attorno a ceppi di betulle: monaci zen in meditazione.


Non si può rimanere indifferenti a questo vialetto di betulle.
Qui la bellezza ha un sapore che senti in bocca con il respiro.


Il tronco di una betulla è l’esempio folgorante di come il tuo itinerario di crescita diventi la forma di ciò che sei.


Le fratture sono spaccature sulla buccia del mondo prodotte da ciò che viene alla luce.


In silenzio, il Dio della montagna sussurra parole che leniscono l’anima e sanano le sue ferite.


Quassù le foglie che cadono rendono dolce anche la morte.


Mille foglie che si staccano e si adagiano al suolo. Note di una sinfonia che vanno a riposo.


Come il mare, le montagne sono fatte di onde. Si muovono solo più lentamente.


Ogni bel pensiero che arriva è un’onda di commozione che massaggia il cuore.


Come nel gioco tra anidride carbonica e ossigeno, le piante forse assorbono pensieri inquinati e li restituiscono leggeri e nutrienti.


La collina davanti è la schiena di una donna sdraiata al sole. Ne percorro delicatamente il profilo.


Mi fermo raramente e poco: io sto nella camminata.


Quando rientro ho un bottino di immagini e pensieri che fa di me un uomo ricchissimo.

Categorie: Eugenio Guarini