Appetito

Montmartre d’Ivrea


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Appetito


Montmartre d’Ivrea è stare un sabato al freddo, ma con un raggio di sole sulla faccia e la calzamaglia sotto i pantaloni. Alla fine, saltellare di qua e di là è perfino eccitante. E la gente che viene a salutarti son frizzi e lazzi! La cosa più piacevole è, però, giocare tutti insieme a fare gli artisti. Con la giornalista che gioca anche lei a fare la giornalista.


Domenica, invece, è giornata proprio tutta sole, come non si vedeva da tempo. Una di quelle giornate da essere felici senza sforzo. E, invece, mentre costeggio la Cascina Castagnola, tra San Giorgio e Montalenghe, mi prende all’improvviso una melanconia stranissima. Di quelle che ti piegano le spalle prima che tu abbia finito di chiederti: che è?


Era una vocina infingarda che suggeriva: Non sarebbe ora di sedersi su una panchina e lasciarsi appisolare al sole d’inverno, in attesa del passaggio da cui sempre fuggi, ma che è inevitabile?


Continuavo a camminare ma non vedevo più niente attorno. Ascoltavo solo il respiro e i movimenti quasi meccanici delle gambe. Stavo cercando di simulare la temuta transizione dalla coscienza al nulla.


Sia quel che sia! Ho sbottato irritato, a un certo punto, mentre svoltavo nella direzione di Vialfrè e Cuceglio. E m’immaginavo la vita come una sorta di presa per i fondelli da parte di un dio incapace di portare a termine quello che aveva iniziato così bene.


Nel pomeriggio ho cercato conforto al mercatino di Favria e poi, visitando l’expo alla Manifattura di Cuorgné. Bancarelle di formaggi, affettati, miele e biscotti, stand di libri, ceramisti e cantanti. Tanti visitatori che scorrevano nelle corsie col fare rilassato della festa. Ho chiacchierato con Mario, Luciana, Brenno, Federica, Antonio, Francesco. Scherzato con i nipotini di Valeria e, un po’ bonariamente, con Atonia, dell’Unitrè. All’uscita, ancora quattro parole con Tex, che fa il vigile e che si è messo con una ragazza difficile.


Quando arrivo alla macchina ho fame. Una fame acuta, pungente, penetrante. Io voglio vivere ancora – penso, mentre immagino cosa mi farò per cena – La panchina può aspettare!


Raggiungo la macchina a passi sicuri. So che camminando impasto meglio il respiro con il corpo.


Ognuno ha qualcosa per cui gli sembra ragionevole soffrire.
Ma la vita d’artista è proprio quando decidi di sorridere lo stesso, soltanto perché respiri – e ti ritorna l’appetito.

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