Necessità e ingegno

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La necessità e l’ingegno

E non è che noi, all’inizio, partissimo con questi discorsi da posizioni confortevoli. Voglio dire non eravamo in vacanza, o a carico della famiglia e nemmeno in un master, o nel periodo universitario. Non facevamo questi discorsi sotto l’ombrellone, a Bordighera…

Mi spiego?
Eravamo in una situazione in cui tutti i giorni si trattava di trovare come pagare le bollette, come trovare un lavoro, o come entrare nel mercato facendo qualcosa d’azzeccato per fare fortuna.

Insomma non avevamo neanche tanto tempo per parlare di queste cose e cercare un orientamento dentro di noi e fuori nel mondo. Non eravamo degli studentelli che leggono libri e scrivono composizioni per il gusto di esercitare il cervello. Ci sembrava perfino un lusso che riuscissimo a ricavarci del tempo nella giornata per tentare di dare alla nostra vita un orientamento che ci facesse vibrare nel cuore. Ma lo facevamo,

Il punto è che il nostro impatto con il mondo dell’economia, dove bisognava guadagnare per acquistare ciò che ci serviva, era segnato dalla necessità.
Ci rendemmo conto che la via del piagnisteo portava al ristagno e inquinava l’anima, anche se potevamo accampare mille ragioni critiche per giustificare il nostro disappunto.
E la svolta fu di farci amica la necessità. La necessità poteva diventare una potente molla per spingerci ad operare, a esprimere il meglio di noi stessi, ad aprirci ad una certa grandezza d’animo, che aveva un suo respiro e ci gonfiava il petto. Accoglievamo i colpi della necessità come scossoni destinati a rimetterci in azione, semmai – confortati anche dal nostro idealismo giovanile – ci fossimo seduti, ci fossimo ammosciati nel limbo della passività.

Affrontare la necessità diventò un richiamo. E fu per molti di noi una scuola importante per rafforzare il carattere, per allargare il cuore, per trovare l’audacia, l’operosità, l’immaginazione. Comprendevamo che la necessità (amica) aguzza l’ingegno. Era una scuola. Perché qualcosa ci doveva far uscire dalla sonnolenza e dal rimpianto del seno materno.

E fu proprio attraversando il territorio della necessità che uscimmo dall’ipocondria e che trovammo una nostra disciplina, ed una fonte di fierezza. Fu quella il nostro master fondamentale di autostima.

E scoprimmo che potevamo anche rendere piacevole la transizione. Che probabilmente il trucco stava proprio nella capacità di rendere piacevole una trasformazione che aveva la sua durezza, i suoi rovi, la sua fatica. La nostra creatività si esercitò, inizialmente, proprio in quest’arte di rendere piacevole la transizione. Di immettere entusiasmo ed energia nella nostra vita quotidiana.

Notizie di rete

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DOMANI si chiude la mostra a La Mandragora di Massa. Sarò presente a salutare gli amici e le nuove conoscenze.

Sognando l’America!

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Eugenio Guarini
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