Ontonauta

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Ontonauta


Mi chiamo Inge.
Sento molto. E mi viene da piangere.
La vita è profonda e misteriosa. La presenza di Dio, così lontano dai nostri pensieri, sembra così prossima alle pulsazioni del cuore.


A chi parliamo quando parliamo da soli?


Se guardo a fondo il dolore umano – ogni tipo di dolore, soprattutto quello che comporta la morte, non posso che concludere che Dio è crudele. E rimango perplessa di un amore così crudele. Vorrei ucciderlo, per vendetta, e poi vengo a sapere che è già morto, per amore.


Sono completamente frastornata. Ma – si dice – la vita va avanti, con Dio o senza Dio.


Questi pensieri mi vengono dopo pranzo. Prima sono piuttosto depressa. Ho concluso che per affrontare l’esistenza devo nutrirmi. Di cose salate. Ho capito che gli zuccheri ti danno tanta energia subito, ma poi la pressione si abbassa. Per pulsare pressione nel corpo e nel cuore ho bisogno di cose salate. Prosciutto, per esempio. E anche un bicchiere di vino.


Sono sola, ovviamente. Non, per questo, infelice.


Faccio le cose che si fanno, sul lavoro, in società. Una parte della mia mente, quella in cui mi rannicchio più volentieri, è sempre altrove.
Tra i pensieri che circolano in questa zona e quelli che vengono messi in campo quando traffico col mondo c’è come un abisso. Sembriamo due persone diverse. Ma sono sempre io.


Ho capito che bisogna tirar su di che vivere. Non sono scema. So come si fa. Un obiettivo preciso, tanta energia e darci dentro finché non l’ottieni.
Mi domano tuttavia sempre perché faccio tutto questo. O meglio: cos’è che mi spinge, mi conduce, mi trascina? E dove?
Penso si tratti di Dio. E che lui sappia tutto quel che mi riguarda.
Vorrei saperne qualcosa anch’io.
Detesto i credenti che sanno già tutto in anticipo. Non voglio il loro Dio.


Se mi domando: chi deciderà tutto questo? L’unica risposta accessibile che mi viene in mente è: tu stessa!


Allora capisco che fare qualcosa per gli altri, trasformare quello che mi viene bene in dono agli altri, è una sorta di riscatto. Qualcosa che nella compassione profonda per l’ignoranza in cui sono immersa mi dice che sono grande. Il sorriso delle persone che mi rivelano che le ho aiutate mi dà conforto. Sono loro – in definitiva – che mi fanno sapere che forse non sono qui inutilmente.


E allora si riaccende il gusto di partecipare a questa strana avventura. Quale che sia. E dico: sì! Perché tutto sembra una scommessa. E voglio scommettere fino in fondo.


Nel frattempo mi è nata una nipotina. Sono eccitata e commossa.
 


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Il quadro: Ontonauta

Eugenio Guarini
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