Melanconia
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Melanconia
Ecco, ci siamo, verso sera. La vecchia amica, la melanconia, mi raggiunge. Visita periodica, da persona di casa.
E che mi dice?
Mi dice la bellezza della vita, d’ogni suo aspetto. La grazia folgorante del mistero che si cela dietro ogni evento, mio e di altrove.
E mi sussurra all’orecchio che tutto ciò di cui t’innamori e che ti rinnova la vita, il cuore – tutto questo non è mio, non ho alcun potere su di lui, e che solo tentare di possederlo, di farlo prigioniero, per assicurarmelo, anche solo tentarlo, lo fa morire.
E mi dice la bellezza struggente di questa fragilità.
Mi offre la libertà di non possedere nulla, nemmeno la mia arte pittorica, o quella di scrivere e di parlare.
La libertà di seguire senza fardelli sulla schiena il fluire del tempo e degli eventi, di quegli stessi accadimenti da cui traggo nutrimento, stimolo, fiducia, speranza, amore.
Quante volte ho tentato di fermare il tempo, di racchiudere il suo dono in una cassaforte! E lo farò ancora – lo sento!
E questo messaggio – della fugacità d’ogni cosa – mi trapassa il cuore, mi perfora il nucleo da parte a parte.
Eppure sento la bellezza, l’intenso valore, d’ogni evento che mi riguarda sulla scena del mondo. E mi costa molto – troppo, io penso – questo accettare che nulla è mio. Questo accettare che nulla di ciò che mi ha fatto e che mi fa innamorare si lascerà legare dal guinzaglio che tengo stretto tra le mani.
E mi viene da fantasticare che Dio è morto.
Perché mi ripeto queste parole, che furono di Nietzsche, e che un’epoca intera a fatto proprie?
Non nel senso di Nietzsche, o in altro senso critico della metafisica e della religione.
No. Ad innescarlo, l’altro giorno, è stato il pensiero che i miei quadri mi sopravvivranno. Dunque, un giorno, io sarò morto e le mie opere continueranno ad esserci e a parlare e a dare il mio dono ad altre persone.
E, curiosamente, mi è venuta in testa questa fantasia. Dio – un artista di qualità superiore – ha creato l’universo. Poi è morto, e la sua opera continua a vivere e a dare il suo dono.
Forse, Dio è morto – e questo spiega che non sentiamo la sua voce, né vediamo la sua mano.
Ma la sua opera parla di lui, e produce gli effetti di ciò che vi ha messo dentro.
Anche Dio muore – nel tempo.
E questo rende la morte qualcosa di significativo.
E’ forse questa la legge dell’amore?
Forse perché è sera.
La visita della signora melanconia.
La giornata è stata splendida. Fantastica.
Ma è proprio la bellezza di quello che ho visto, sentito, vissuto, proprio questo è ciò che mi fa struggere di melanconia. Perché fugace, effimera, gratuita…
No, non tenterò nemmeno di allungare la mano.
Non resta che arrendersi e contemplare – cantare.
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Il quadro: Occhi che penetrano la distanza.
Eugenio Guarini
http://www.eugenioguarini.it
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