Il tempo per sé

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Il tempo per sé.


So che il tempo dedicato a me è prezioso. Ha anche un prezzo perché è un tempo in cui non lavoro per il mercato. Ma ha un valore molto più grande, perché condiziona tutto il mio viaggio e più ancora è il tempo in cui io lascio risuonare le domande che hanno a che fare col senso della mia vita, il senso consapevole e voluto: chi sono, dove sto andando, cosa voglio?


È un tempo irrinunciabile. Per me è soprattutto il tempo del mattino, ma anche il tempo che ha la precedenza su qualsiasi altro tempo in qualsiasi momento, se i segnali interni (disagio, vuoto, piattezza, grigiore…) mi avvertono che c’è qualcosa che non va, qualcosa che non è allineato.


Quando ero a scuola avevo certamente molto tempo mio – libero dall’orario di lavoro – se paragonato alla disciplina del tempo di un qualsiasi operaio, impiegato, dirigente di un’organizzazione economica. Per lo più lo impiegavo leggendo e studiano e quindi in funzione del tempo di lavoro. Ma si trattava di Filosofia e questo mi consentiva di pensare ai miei problemi nel momento stesso in cui pensavo per preparare il mio lavoro con gli studenti.


Quando sono uscito dalla scuola, l’effetto più rilevante fu quello di ritornare in possesso di tutto il mio tempo. È un gran lusso. Ne sono consapevole. Ma è un lusso cui la mia natura aspira come a un diritto che viene prima delle regole sociali. Di fronte a quest’evidenza mi sembra che il dover cedere il proprio tempo all’organizzazione sia una condizione da non ritenere tassativa e definitiva. Una sorta d’obbligo morale, perché così fan tutti.
Si è costretti a cedere il proprio tempo per guadagnare soldini, ma si guadagna soldini per recuperare il possesso del proprio tempo. Altrimenti…


Mi sono accorto che per me il “tempo mio”, il tempo libero, non era il tempo del fine settimana, né il tempo della vacanza. Il “tempo mio” era più importante del tempo svago: era quello che potevo impiegare ogni giorno e ogni volta che ne sentivo il bisogno per ricentrarmi, per isolarmi e riflettere, interrogarmi: Chi sono? Dove vado? Che voglio dalla mia vita?


Senza questo tempo nessuna avventura, nessun progetto, nessun sogno. Anche per conoscere i propri sogni ci vuole del tempo in proprio. Perché conoscere i propri sogni è impegnativo, è una cura, è una ricerca.


Il “tempo per sé” è la vera risorsa, lo spazio della sorgente, del contatto.
Sono stato senza soldi, con la fame e in seria difficoltà economica. Non è stato poi così difficile uscirne fuori. Ma se mi sottraessero il tempo per me, se me lo lasciassi sottrarre, sono sicuro che sarei in una condizione molto peggiore.


Il tempo per sé è anche un tempo creativo, è il tempo in cui si inventa (si immagina) la propria vita e la si immagina dotata di tutte quelle ricchezze e di tutte quelle qualità che fanno vibrare le corde del cuore.
Ho la fortuna di alzarmi presto al mattino e il tempo per me sono le prime ore del giorno. Non mi getto immediatamente nelle cose da fare. Se talvolta me ne viene la voglia, resisto. E non faccio nulla, null’altro che far riecheggiare le domande fondamentali (chi sono, dove sto andando, che cosa voglio dalla vita?) e ascoltare le risposte del cuore.


Sono in contatto con molti che desiderano dei cambiamenti nella loro vita – vi sono spinti da una sorta d’irrequietezza interiore – ma non hanno il tempo di pensarci veramente, presi come sono dalla macchina del tempo di lavoro. Questo è un grave rischio di cancrena. La macchina dell’organizzazione del tempo lavoro tende a succhiare tutto il tempo, compreso il tempo a casa, il tempo riposo, il tempo vacanza, il tempo svago… è necessario agire con risolutezza, ricavarsi un tempo per sé, anche poco tanto per cominciare. È un passo decisivo. Vale la pena di alzarsi un’ora prima al mattino per questo. È il tempo decisivo per quel che riguarda il senso d’appagamento, d’integrità, di fedeltà a se stesso, per quel che riguarda quel modo d’essere e di vivere cui alludiamo col termine “felicità”.


L’inquietudine dell’essere vivi chiede del tempo per farsi ascoltare e per soffiarci all’orecchio cosa e come fare.


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Il quadro: Nostalgia di averti dentro.

Eugenio Guarini
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