a proposito di sordi

Nella foto: alle Cantine Conti con i sordomuti.


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A proposito di sordi…


Ieri a Maggiora, nell’alto novarese, nel Castello delle sorelle Conti, ho assistito a un evento speciale. Tra i 40 e i 50 sordomuti hanno partecipato a una degustazione dei vini Boca, con tanto di sommelier e interprete della lingua dei segni. Nella saletta superiore c’era ancora l’esposizione fotografica di Francesco e Linda che raccoglie in 13 scatti una poesia dedicata alla lingua italiana dei segni (LIS). Infatti anche questa iniziativa promuove la sensibilizzazione alla Lingua dei Segni.


Sì, è la seconda volta che mi trovo a fare questa esperienza, in compagnia di Doriano, che è un acuto osservatore, e Mirtilla, che ha ruoli organizzativi e manageriali in tutta la faccenda.
E sono stato ancora invaso dalla sensazione eccitante di essere entrato di tangenza in un mondo parallelo che riserva sorprese molto interessanti. Del cui potenziale ho la sensazione, anche se non riesco a dipanare la percezione in maniera chiara e discorsiva.


È un po’ come quando abbandono le strade asfaltate ed entro nei percorsi naturalistici. Un altro mondo a portata di mano che ti permette di accedere a esperienze vitali, e tuttavia non usuale, non quotidiano, non manifesto nel mondo solito, del lavoro, degli uffici, aziende, consegne, bollette e organizzazioni…


Qui, con i sordomuti, nel momento in cui tento con piacere di comunicare e di entrare nella logica dei loro segni, scopro la possibilità di accedere a percezioni diverse, ma anche di costruire uno spazio nuovo per la comunicazione, l’espressione e la ricerca di sé.
Come dire? Che si allarga lo spazio dell’esperienza umana.


Ovviamente, una delle sorprese riguarda il numero. È impressionante quanti siano i sordi. Una realtà umana che fino all’altro ieri hai ignorato.
La seconda cosa è il mito che l’incontro con i sordi e con i parlanti della lingua dei segni porti uno spazio nuovo nella tua vita. Una sorta di Marrakech della comunicazione, dove possano sorgere avventure e scoperte. Qui, credo, si dipana il mio romanticismo.


Guardando più attentamente, si vedono, indipendentemente dalla lingua (segni o parola) persone che hanno il loro approccio alla vita, strategie, obiettivi, scopi, missioni, congetture, scontri, tensioni, e slanci ed entusiasmo.


Io mi ci sono ritrovato dentro a domandarmi che cosa desiderassi io, che interesse avesse per me quella situazione, di cosa andassi in cerca… Come tutto ciò entrasse nella mia storia.


Io sono uno che ha deciso di fare il pittore dieci anni fa, che si è messo a sbandierare la bellezza di seguire il proprio sogno, che piange spesso perché si sente angosciato dalle bollette da pagare e non sa trovare il bandolo della matassa per fare fortuna e star tranquillo finalmente, che non può fare a meno di essere attratto da esperienze che lo portano altrove senza che si veda una qualche possibilità di costrutto realistico…


Però, la sera, in Pizzeria – mi pare si chiami Mezza Collina – con gli amici, Mirtilla e Doriano, la bella buona faccia sorridente di Paola, Carlo che non vede l’ora di raccontare la sua recente esperienza tedesca, Gioia che ha tenuto a freno per tutta la giornata ragazzini scatenati ed è riuscita a litigare con suo padre, dopo un fritto di pesce eccellente e un boccale di vino bianco freddo e frizzante, in un happening un po’ ebbro con la piccola nipote del gestore – Eleonora – ho avuto un segnale importante. Un frammento di risposta alla mia domanda…


Dopo recite di poesie e improvvisazioni teatrali, io le domando: Eleonora, se noi volessimo un mondo bellissimo, che cosa dovrebbe esserci?


La bimba – intelligentissima e spigliata – pensa per qualche secondo senza rispondere. Poi, illuminandosi negli occhi: Ecco – dice – ci dovrebbe essere un mucchio di pennarelli alto così (e indica l’altezza del tavolo) e un mucchio di fogli fino al soffitto!


Ovviamente, una bimba così, ho cercato di comprarla da sua madre…

Categorie: Eugenio Guarini