La voce del cuore

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la foto: La Tenda della Disperazione..


La voce del cuore


Non finirò mai di stupirmi, no, assolutamente non ho proprio intenzione. Al contrario, benedico il Cielo se riesco a mantenere in vita questa capacità di stupirmi. Stupirmi di quante cose la vita ti riserva che destano la tua meraviglia. Cose da spalancare la bocca e dire: ah!


Poteva essere una giornata di merda. In altri tempi lo sarebbe stata. Invece vado nel bosco, lavoro alla tenda della Disperazione. Me la tiro dietro. Voglio lasciarmi forgiare da questa angoscia, da questo senso di sbagliato, da questo disagio che mi è arrivato addosso non so neanche da che. Senza dare spiegazioni, senza difendermi con un’arringa mentale.


Mi dico solo: questo è quello che sono. Io mi accetto. Accetto tutto. Accetto anche gli errori e le cazzate che posso aver fatto. Mi dico: i piatti li rompe chi li lava. Ma non importa. Cosa posso seguire se non la voce del cuore?
Dove troverò i comandamenti? Forse in qualche codice che mi viene da fuori?
Mi dico: e se la vita provvedesse in maniera naturale con queste cose che chiamiamo stati d’animo, umori, o quant’altro…?
Qui, a portata di mano, ci sono questi sentimenti. Sono qui, non c’è bisogno di tirare in ballo tutti i libri che abbiamo letto. Non c’è bisogno di chiedere un intervento da un consulente esterno. La vita parla.


E parlava amaro, stamattina. Chissà perché?
E io a dirmi: Eugenio, non interpretare, vivilo questo sentimento, lasciati formare da lui, in silenzio.


Eugenio, sei figo!
È proprio così che le cose si mettono in fila.
Altro che programmazione.


E immaginavo Ulisse nel suo viaggio verso Itaca.
Dieci anni? È tanto? È poco?
È quello che è.
Tu vai verso Itaca, ma intanto esplori il mondo, la vita. Aderisci agli eventi, quali che siano gli dei che si danno da fare.
E ascolti il canto delle sirene, avendo cura di farti legare all’albero maestro.
E ti lasci incastrare da Circe, ma senza chiudere il cuore alla nostalgia.
Oh, Nausica, com’era dolce il tuo sorriso…


Si va, verso Itaca, ma intanto si esplora il mondo, la vita.


E non smetterò mai di meravigliarmi.
Se potessi dirlo con le parole della poesia!
Se potessi suonarlo con il pianoforte a coda che sogno!


Perché, infatti, ora che è sera, tutto è musica. Tutto è sogno.
Il mondo che c’è fuori di qui, il mondo tutto da esplorare, tutto avventura e conoscenza, è già presente nella mia anima e mi porta fuori dai confini stretti del presente. Ma nel veleggiare verso Itaca, io aderisco al presente, alle onde di quel che succede, là fuori e qui dentro.


Ecco “a patata lessa”. Essere qui, nel presente, e bruciarlo come legno da ardere, per fare luce nel veleggiare verso Itaca. Vado verso Itaca – oh la mia Itaca! – e intanto esploro il mondo e gli eventi.
Dio! Non finirò mai di meravigliarmi. E prego il Cielo che questo continui per sempre…

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