Le grand rêve

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il quadro: Le grand rêve, acrilico su tavola, cm 100 x 100.


Le grand rêve


Sì, l’ho messo in chiaro.
Questa mattina al bosco – dove ho spianato uno spazio destinato alle caldarroste, con panche e possibilità di meeting.
Ho messo in chiaro – almeno per oggi – il senso dell’inquietudine di ieri sera.
Era una sorta di fregola da successo. Voglio dire, l’emergere in superficie di quella voglia di successo mondano, di pubblico, per meriti d’artista, che generalmente tengo sotto controllo con le cosiddette considerazioni sapienziali.
Si vede che l’incontro con il pubblico, gli elogi, l’atmosfera del vernissage, ha aperto le porte a qualcosa che si muove nel profondo, che è mio, certamente mio, e che di solito tenevo – come dire? – in cantina, sotto chiave.


Sono sicuro che sentimenti del genere li hai provati anche tu e quindi non mi prenderai in giro per questa confessione. Ci sono momenti in cui vedi te e le cose del mondo da una certa distanza e ridimensioni ogni prospettiva fantasiosa. Ti rendi conto di quanto sei piccolo, nell’universo, o anche solo nel mondo. E ridi dei tuoi sogni megalomani.
Poi ci sono momenti in cui ti rendi conti di quanto follemente ambizioso sia il tuo desiderio.


E tu lo sai cosa ho deciso in proposito.
Io non voglio appiccicarmi addosso una saggezza comprata ai negozi della sapienza come un bel vestito. Io voglio cercare qualcosa che si possa chiamare saggio ma che nasca da dentro, cresca dentro con le fasi della vita, con le esperienze assaggiate, masticate e digerite.


E ho deciso che questo può avvenire solo se resto in contatto con quel che sento davvero – qualunque cosa sia.
Ragion per cui quella smodata ambizione, esplosa ieri sera e che non mi ha consentito di prendere sonno facilmente, non mi fa vergogna. Né, d’altra parte, mi fa onore. È semplicemente quello che ho sentito e che certamente esprime una parte di me. La considero perfino un dono, che ho da coltivare, senza fregole. Ne verrà fuori qualcosa di buono. Ho fiducia nella vita, nei suoi meccanismi segreti, che spesso infrangono le regole della decenza.


Allora, dicevo, nel bosco, questa mattina, mentre sudavo a rastrellare sabbia e radici per spianare uno spazio, pensavo alla cacciata dal Paradiso Terrestre – pensa un po! E mi veniva in mente un’interpretazione diversa da quella che ho imparato a scuola di catechismo.
Provo a dirla in italiano.
Nella nostra (mia) vita ci sono itinerari che ti portano a sperimentare la gioia e perfino l’estasi dell’essere al mondo. È un po’ l’aspirazione dei vari itinerari della spiritualità. In armonia con la natura, la meditazione che ti collega con la profonda sacralità dell’universo, la pace del cuore, etc… Ecco, mi dico, questo è il Paradiso Terrestre. Non c’è bisogno di altro e tutto è colmo.
Ma, a un certo punto emerge l’albero della conoscenza e tutto cambia. Mangi la mela e sei cacciato.
La conoscenza è innanzitutto la consapevolezza che il tuo desiderio sopravanza ogni bene che hai, ogni cosa che esiste, ogni traguardo raggiunto. La conoscenza che ti fa “come” Dio – anche se solo nel senso che il tuo desiderio è senza limiti, infinito.
E, mangiando questa mela, tu esci dal Paradiso Terrestre e ti metti al lavoro, intraprendi un cammino che è tutt’altro che pacifico, per conquistare l’altrove.


Il sentimento che provavo in queste riflessioni non era quello di una colpa, ma piuttosto la scoperta di un trucco fantastico della vita, che ti spinge ad andare oltre. La cacciata dal paradiso Terrestre risultava, nella mia interpretazione, il processo stesso della creazione della vita.
Il Paradiso Terrestre è il grembo materno, dove tutto è dolce e pacifico. Ma da cui, per essere e per vivere, vieni espulso.
La trasgressione che rompe l’armonia originaria diventa un gesto coraggioso e creativo. La colpa diventa una “Felix culpa”.
È analogo alla decisione dell’emigrante che va a cercare l’America, non perché in casa non ci sia abbastanza, ma perché ha scoperto – la conoscenza – che il suo cuore desidera di più.


E allora la fiducia nella vita non è solo il sentimento dei momenti paradisiaci dell’estasi e della pace, ma diventa fiducia anche di ciò che ti sbatte fuori dalla pace e dall’estasi – fiducia in quella smodata ambizione che ti fa abbandonare l’armonia per tentare le strade caotiche e scomode della navigazione.

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