Riprogettare, ricostruire, riprendere…

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la foto: La Sala del Trono, nel mio bosco. Vicina alla Tenda della Disperazione, è forse una tappa di un percorso simbolico.


Riprogettare, ricostruire, riprendere.


Le energie del bosco. Il lavoro con la terra, le piante, la fatica e il movimento.


Questa è la mia infanzia. Dove gioco e salute erano la stessa cosa e non c’era da preoccuparsi di fare una carriera, di pagare le bollette, di assumersi sulle spalle un qualche progetto. Non c’era neanche una missione da compiere, nessuna intenzione esplicita. C’era la vita, la vita semplice e giocosa vicina alla natura. Con fantasie che trovavano il modo di trasformarsi in gioco con pochi accorgimenti creativi.


Oggi la mia infanzia è pienamente integrata nel mio progetto di vita. Nell’avventura che intraprendo ogni mattina con intenzioni e obiettivi. La mia infanzia di oggi è il bosco. Che è un gioco molto più consapevole e ricco di significati simbolici. È come scrivere con le braccia, nella boscaglia, sensi e misteri. Prefigurare sogni. Il bosco è arte e nello stesso tempo salute, energia, fisicità.


E poi c’è la casa, che è abitare, cucinare, riposare. Ma è anche pensatoio, laboratorio, veliero, e centro di collegamento con il mondo.
Qui è lo spazio di me come idea, qui il mio sogno è stato tenuto a balia. Qui ha trovato nutrimento e protezione. Qui, sui tavoli, vicino alle piante, il sogno ha trovato i tratti espressivi in mappe colorate, e parole coraggiose sul bianco del monitor. Qui libere associazioni di idee hanno esplorato il possibile e l’impossibile dentro gli eventi che mi raggiungevano.


Bosco e casa segnano energicamente l’operosità cui ho affidato l’avventura. La nutrono, la generano, la sostengono, la disegnano.


E, là fuori, c’è la Saletta espositiva.
Per quattro giorni ogni settimana, durante questo mese, ho accolto visitatori, ascoltato i loro commenti, parlato dei quadri e di molto altro. Soprattutto del bisogno di libertà, del gusto dell’espressione, delle emozioni, dell’espressione di sé. Ho anche venduto, accogliendo con gioia la benedizione di soldi che mi consentono di navigare ancora. Ho ricevuto affetto, stima, simpatia. Ho potuto sentire dal vivo il mio rapporto con le persone, con la società, con il mondo. Ho capito che la mia impresa non era soltanto mia. Che era diventata qualcosa in sé, che chiede cura, attenzione, presenza.


Che chiede di essere pensata e ripensata sempre di nuovo, sfuggendo alla routine, rigenerando il suo fascino, ed esplorando nuovi risvolti, nuovi sensi.
L’impresa non è la fedeltà meccanica ed esecutiva a un progetto iniziale. Ma un viaggio d’avventura, in cui è la vita stessa che ti crea e tu ti lasci ricreare non solo dalle tue intenzioni, ma da quello che accade.


E c’è l’arte. Il richiamo della Bellezza. La fedeltà alla Bellezza. Ma non come semplice ornamento. Piuttosto la cura di affidarle l’indagine stessa del profondo, compresa quella che vuole confrontarsi con gli scheletri nell’armadio, che vuole ascoltare il muggito del Minotauro sepolto nel labirinto interiore. Una Bellezza che veicoli l’energia liberata, che porti colore alla Vita, contrastando l’avanzata del grigio che si genera per entropia.
Una Bellezza che riaccenda – semmai ce ne fosse bisogno – il fuoco della gioia di vivere e il senso dello straordinario per essere al mondo.



Info.
Ultimi giorni a Rivarolo, Piazza Litisetto.
Gran bazar di colori per sabato e domenica.

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