Una storia…

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Una storia…


La maggior parte delle storie che ci raccontiamo comincia dicendo com’era lui, o com’era lei, in quella situazione lì. Proprio nelle circostanze specifiche. Perché – si sa – il destino ci riserva una storia circostanziata. Ed è stato proprio lì, in quella situazione particolare, che io, tu, abbiamo capito, intuito, sentito… ed è lì che è nata la storia.


E poi, la storia prosegue, descrivendo nel dettaglio il primo incontro. Quando ci siamo innamorati. Cosa abbiamo sentito, provato, immaginato. E cosa abbiamo fatto. Cosa abbiamo fatto è più ambiguo da descrivere. Perché si sa già che abbiamo fatto l’amore. Ma noi, di speciale, proprio di nostro, cosa abbiamo fatto? Si riesce a dire questo?


Il fatto che non riusciamo a dirlo con chiarezza ci mette il bastone fra le ruote. Si dice così. Insomma, la nostra storia d’amore si può descrivere come sono state descritte tutte le storie d’amore di cui abbiamo sentito, di cui abbiamo letto.
Ma cos’è che fa di questa storia una storia speciale?
È davvero la tua storia, o la replica di un cliché?
È vero che ti viene in mente questa domanda?


Che bella la vita, quando ci si innamora!
Maman, che ne dici? Non ti sembra un momento eccezionale?


Maman, io comincio con te.
Sono uscito dalla tua pancia e tu mi hai adorato. Anche a me tu sei sempre piaciuta. Da ragazzino ero innamorato di te.
Sei sempre stata bellissima.
Ho scoperto, dopo, che eri stata separata dai tuoi fratelli. Che tua madre non riusciva a vivere in America. Che se n’è ritornata a casa, prendendoti per compagnia. Ha segnato il tuo destino.


Ti sei innamorata di mio padre perché tua madre ha creato una situazione in cui questo potesse avvenire. Lei voleva che tu non partissi è c’è riuscita. Ha avuto la fortuna dalla sua parte. E tu l’hai pagata pesante. Così ho letto nel tuo diario.


Maman, hai avuto un matrimonio infelice. E solo restando vedova hai trovato una tua pace, un tuo sollievo.


Vedi com’è facile illudersi? Vedi com’è facile entrare nel gioco di un desiderio, di un incanto?


E allora?
Comincerò la mia storia dicendo com’era lei? Cosa ho sentito? Come mi sono innamorato?


No, Maman, la mia storia comincia quando lei mi ha lasciato. Quando mi sono sentito solo e vuoto. Totalmente mancante. La mia storia è cominciata dal vuoto. Dalla desolazione. Dal completo abbandono. Da buio di non sapere chi fossi e perché mai mi fosse dato di vedere e di sentire.
La mia storia comincia da quando ho capito di essere terribilmente solo. E che questo era il mio destino.


Da quando ho capito che non c’era niente da perdere. Che tutto era già perso.
Che prima o poi sarei morto. E che non c’era nessuna assicurazione a riguardo.


È da allora – dopo il buio e l’angoscia – che ho visto la bellezza dell’erba bambina. È da allora che ho sentito la carezza del vento. E la potenza dell’immaginazione. E tutto quello che è avvenuto da allora è stato come il tocco della grazia. Una grazia che mi colma le giornate solo perché muovo le dita.


Non avrei sentito il fascino della musica se la mia storia fosse cominciata con lei che si innamora di me e io che mi innamoro di lei. Questo è avvenuto diverse volte. Ma non è mai stata una storia. Una vera storia.


La mia storia è nata dal vuoto. Dalla mancanza.
È allora che ho cominciato a muovere i primi passi. È da allora che ogni mattina ricomincio daccapo.



NOTIZIE.
Non solo donne.
Sono identificato come il pittore delle donne. Non ho dipinto, però, solo donne. L’esplosione recente di quadri informali – o astratti – qualunque cosa voglia dire, ha dei precedenti nella mia pittura.
Sono andato a riesumare – dove esisteva una documentazione fotografica – opere passate che segnano questa linea diversa di pittura.
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