Un mondo incantato

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Il quadro: Fiori del mio canneto.
Questo quadro mi ha sempre fatto ridere. Questi fiori sono così palesemente fallici che vale la pena di dimenticarsene immediatamente. Potrebbero stare come a casa in un angolo della scenografia di un’opera wagneriana. Eppure hanno un’ingenuità così schietta che fa saltare a piè pari su ogni psicoanalisi dell’arte e ti fa scivolare senza attrito nel mondo ingenuo dei bambini. Bambini che spruzzano colore tranquillamente ignari di ogni marchingegno interpretativo. Ma se fossero altro? Se dietro la semplicità apparente ci fosse un messaggio cifrato?


Un mondo incantato


Con la sua bella abbronzatura riportata dalle vacanze, Margherita stira sul balcone. Basta lasciarci cadere gli occhi sopra per capire che Margherita adora i colori. L’ombrellone verde pistacchio, la pianta dai fiori vermigli, il gatto tigrato, i panni della bambina… E lei me lo conferma con vivacità e aggiunge che sta bene con persone dal carattere ben definito ed energico, che non le piacciono gli smorti.


La sera si avvia al riposo con i colori della pace e del ricordo. Una bella giornata. E io cerco ancora dovunque segnali della vitalità. Perché la vita è viva. E se sembra che un’atmosfera sonnolenta si stia abbattendo sulle geografie che abitiamo, sono di quelle persone che sentono di doversi dare da fare per muovere le acque, per rimestare tra ciò che accade, per ritrovare la frescura della corrente.


Incapacità di accettare del tutto che le cose accadano? È possibile. Sono secoli che mi sto dando da fare per convincermi che accade quel che deve accadere e che è meglio così. Lo faccio perché mi sembra che una posizione del genere lasci più liberi di essere quel che si è, lasciando al mondo la libertà di andare per la sua strada. Ma il mio sforzo autopedagogico non è ancora stato coronato da un successo convincente. E nel frattempo vivo nella zona di mezzo. Quella tra i due confini: che è come dire nell’ignoranza.


Se le energie della salute sono presenti, comunque stiano le cose sul piano filosofico, trovo interessante la partecipazione a questo giro di giostra. E tutto quel che accade – voluto o non voluto – merita ogni interesse e alimenta un mare di aspettative.


E arrivo a sera scrutando il cielo per ringraziare un dio di cui non conosco il nome, né il volto, né le intenzioni, né i decreti, né l’umore…
E poi mi metto sul mio notes ad abbozzare movimenti per la giornata di domani… Se almeno potessi suonare un pianoforte a coda!


Ma la mente ritorna sul desiderio di non appiattire  nel mio piccolo (importantissimo) presente la complessità misteriosa dell’esistere, del mondo, della storia, della tecnologia, della cultura, dei millenni e millenni, milioni e miliardi di anni di un’evoluzione che siamo riusciti a disegnare solo a grandi tratti. E delle eterne battaglie tra Bene e Male, semmai sia in questo modo che si debbano leggere le vicende della storia…


E talvolta sospetto che un’intelligenza nascosta e diffusa cerchi a tentoni di governare l’andamento delle cose. Che forse un dio s’è smarrito nei suoi primi tentativi di creare un regno armonioso. O pongo il dio nel futuro, alla fine della storia, come un appello che chiama se stesso a raggiungersi, non senza il contributo di noi tutti e delle nostre piccole storie. E mi suggestiono immaginando che nelle nostre scarse consapevolezze si facciano avanti scintille e bagliori come nella notte, con lo scopo di segnalare una sorta di itinerario avventuroso che ci porti a un risveglio sorprendente…


E anche se non oso avventurarmi a lungo nei territori aperti da queste suggestioni, il mondo mi appare incantato e magico e la navigazione più intrigante e inquieta.

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