C’è una strada nel bosco

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C’è una strada nel bosco


È  vero, Daniela. Trascorro sempre più tempo nel bosco. Mi sono fatto un tavolo per scrivere più comodamente. Sono letteralmente ammaliato dalla voce del bosco. In lontananza i rumori della città, sullo sfondo. Ma qui è il canto del vento e degli uccelli.


Vivere, oltre a sentirsi vivi, è desiderare di esplorare la vita. Tutto quello che è. E, certo, non solo questa “meravigliosa d’erbe famiglia e d’animali”, ma anche “a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore”:
Uno ha questa fortuna di essere al mondo, con gli occhi aperti…
E non solo esplorare quel che c’è, ma anche vedere cosa succede trafficando con le cose…


A fronte di questo richiamo della vita, guadagnarsi da vivere dovrebbe essere solo un mezzo. Ma, non ti sembra che sia diventato un fine? Dov’è finito l’uomo che cacciava per nutrirsi e poter andare a trafficare la vita con l’energia in corpo? Cacciare è diventato la vita. Con qualche pausa durante le ferie.


Non è un po’ chiusa una società tutta assorbita nella creazione del plusvalore? Non è un po’ soffocante una macchina sociale tutta protesa nella ricerca della competitività sul mercato globale?
Questo doveva essere un mezzo per godere della vita. Ma non ti sembra che sia diventato il fine. E il gustare la vita dov’è finito?


Il bosco mi fa venire strani pensieri.
La voglia di sottrarmi il più possibile al mercato. Liberare la maggior parte possibile di me dalla necessità di guadagnarmi da vivere.
È possibile a chi non è un ereditiere?


Una crescente marea di persone sta cercando di ritrovare il gusto della vita nello sviluppo delle manifestazioni della propria natura, dei propri talenti – come si dice. Non potendo sottrarsi alla grande macchina economica e al mercato del lavoro, cercano di reinventare il proprio lavoro facendone una cosa che si possa chiamare vita.
Fanno, in proprio, quello che imprenditori illuminati hanno fatto – e credo continuino a fare –  pensando all’intera comunità: creare delle imprese in cui la bellezza, la creatività, l’espressione di sé, l’apprendere, l’iniziativa e l’avventura siano compatibili con la produzione di merci e la competitività.


Vengano tanti di questi architetti pieni di immaginazione.
Sono, in fondo, queste persone che tengono la società aperta.
La inventiamo davvero una nuova civiltà, dove sia possibile ancora godere della vita?

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