La scommessa
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La scommessa
Certi sentimenti – non sai dargli un’espressione adeguata.
Io dico che sento la bellezza dell’essere vivo. Ma so benissimo che potrei dire anche il contrario: l’estrema terrificante sensazione di essere qui per nulla. E che tutto quello che faccio, sforzandomi di vivere è perfino risibile.
Io dico che, finché mi è possibile, cerco di scegliere la versione positiva delle cose. Ma so che le due versioni – i due modi di sentire – sono entrambi a disposizione. Con queste cose è un po’ come se in casa avessimo due porte da aprire. Da una entra la poesia e dall’altra il terrore e l’insignificanza.
In questo modo, ne faccio una questione di scelta personale. Ma non sono affatto sicuro di poter scegliere sempre e in ogni circostanza quale porta aprire.
E come se Dio avesse lasciato le cose in sospeso, per quel che ci riguarda. Come se dicesse: fai un po’ tu…
Tu, ieri, mi chiedevi cosa fosse questo concetto di “congruità presunta”, e ti meravigliavi, schernendomi anche un po’, di questi preziosismi linguistici.
E io, oggi, mi spiego meglio.
Immagina che sei messo davanti al compito di costruire un puzzle.
Le tessere ti vengono date un po’ per volta, apparentemente a caso.
Man mano che le tessere ti arrivano tu cerchi di formare il disegno.
Non sempre arrivano tessere che si compongono immediatamente con quelle che hai già ricevuto. E tu le metti, lì, da parte, aspettando che venga il momento in cui tu possa riconoscere che entrano nel disegno, man mano che vai avanti con le altre.
Ora, complica un po’ la situazione.
Le tessere ti vengono distribuite sempre a caso, un po’ per volta. Ma nella regola del gioco c’è che alcune le devi scartare. Non tutte sono buone al tuo disegno. Dovrai decidere quelle che vanno al caso tuo e quelle che sono di un altro disegno.
Alcune sembrano chiaramente non pertinenti. Ma altre? È molto dubbio se, prima o poi, malgrado l’apparente incongruità, si riveleranno o meno parti del disegno globale.
E tu le metti da parti, ai margini del tavolo. In attesa di capire meglio.
Ecco, questa simulazione mentale, mi sembra una buona metafora della vita.
Ma c’è una differenza.
Nel caso del puzzle è più facile presumere che ci sia un disegno globale che tiene insieme le tessere. I costruttori di puzzle, di solito, stampano un immagine su un cartone. E successivamente lo suddividono in tante tessere. Per complicato che sia il gioco, per numerose che siano le tessere, per come siano state mescolate prima della distribuzione a pacchetti successivi nel tempo, tu puoi facilmente presumere che tutte appartengono a un disegno globale.
Nel caso della vita, questa presunzione è meno evidente.
Ciò che mi succede, giorno per giorno, rientra in un disegno globale dotato di senso o no, per me?
Allora, qui si capisce meglio che presumere la congruità di qualsiasi evento che ti capita di vivere con una trama sensata è una presunzione cui si può accedere solo con una decisione. In qualche modo è gratuita.
Una sorta di scommessa.
Credere nel senso della vita è una sorta di scommessa.
Ma è questa scommessa che ti consente di partecipare al gioco.
La mia posizione al riguardo di questa faccenda – e si tratta di una scelta di scommettere – è determinata da questo assunto: non domandarti se quello che pensi è vero. A certi livelli, non lo saprai mai con certezza. Domandati se quello che pensi e che decidi di credere ti fa star bene, ti fa sentire il piacere di vivere.
E’ da folli?
Notizia
Nicola Furini, entrato da poco nella cerchia degli amici di questa newsletter, cura un bel sito di informazione impegnata. Ve lo segnalo: http://www.criticamente.it
Categorie: Eugenio Guarini