La potenza delle idee

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La potenza delle idee.


Sì, c’era movimento dovunque andavamo.
Incontravamo storie, da ogni parte.
Le persone avevano storie. Di più, le persone erano storie. Storie di ricerca e di cambiamento.


Forse non era mai successo, prima. Non in egual misura.
Era proprio questo che suscitava meraviglia ed eccitazione.
Era straordinario che tante persone cercassero di coniugare insieme due intenzioni restate separate nella cultura del passato: l’intenzione di far fortuna e quella di migliorare il mondo. Di comporre queste due intenzioni in un’unica intenzione.


Le nuove storie nascevano da questa ricerca.
Questa ricerca apriva un territorio straordinariamente creativo. Spingeva a superare schemi di pensiero e mappe percettive abituali. Questa ricerca faceva appello a una creatività inedita. Una creatività culturale che superava di gran lunga la creatività dell’innovazione tecnologica. E che si sposava senza frizioni con questa.


In questo crogiolo creativo si riscopriva l’importanza delle idee. Di certe idee. Si vedeva che certe idee avevano una qualità eccezionale, un plusvalore semantico da sballo. Mi veniva da parlare di alta intensità di inoculazione d’anima, al loro proposito.
Come dirlo meglio? Il loro potere consisteva nella capacità di iniettare anima nell’anima delle persone e di aprire, in questo modo, nuovi orizzonti all’azione creativa.


Misuravamo il potere delle idee con la loro intensità d’inoculazione d’anima.
Erano come virus potentissimi. Mettevano addosso una febbre speciale. Ed era questa febbre che animava comportamenti nuovi, orizzonti che rinnovavano. Era su queste idee che noi commisuravamo il senso della creatività. Dicevamo tra noi: la creatività è ciò che rende nuovi, che rinnova.


E sapevamo che c’era una resistenza formidabile al rinnovamento.
Una gran parte della cultura del passato giocava nel campo dell’entropia.
Ma la sfida era appunto quella. E avevamo imparato a lottare contro l’entropia nel perimetro stesso della nostra vita personale.


Olga Ritter, che affinava il suo pensiero conversando soprattutto con le donne, non finiva di ripeterlo. Aveva applicato il concetto di potere delle idee a quelle idee formidabili che sono le domande. Lei parlava di ricerca di domande più potenti.


Erano le domande che ci mettevano in contatto con le forze creative. Le domande aprivano le porte all’energia capace di rinnovare.
Ma dovevano essere domande potenti. Domande più potenti di quelle che eravamo abituati a porci.


Olga Ritter ci spiegava che la domanda: Chi voglio essere? è decisamente più potente della domanda: Che cosa voglio fare? o della domanda: Cosa devo fare per ottenere questo?
Diceva che la domanda: Chi voglio essere? apriva lo spazio per una storia leggendaria. E da qui tutte le altre domande venivano ridefinite.


Ci diceva che una domanda è tanto più potente quanto più esprime la domanda che noi siamo. Noi siamo una domanda – ci predicava – Ogni volta che formuliamo una domanda diciamo qualcosa della domanda che noi siamo. La domanda più potente, quella più sconvolgente e rivoluzionaria, è la domanda che ci assomiglia di più, che esprime meglio la nostra essenza di domanda.


Quando Olga Ritter, guardandoci negli occhi, ci chiedeva: Chi vuoi essere? noi eravamo condotti nel più profondo del nostro sogno e qualcosa di quel sogno veniva alla luce, dipingendo la nostra leggenda personale.
Ne uscivamo con maggiore energia e determinazione. Liberi da prigioni di pensiero che fino a quel punto ci avevano trattenuto.


Noi imparammo, gradualmente, l’arte di porci domande sempre più potenti. E di viverle senza la fretta di esorcizzarle con una risposta approssimativa.


Noi diventavamo delle storie, delle storie favolose, in forza del nutrimento di queste domande potenti.


Era in questo modo che intrecciavamo la vecchia intenzione di far fortuna con quella di migliorare il mondo.


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Eugenio Guarini
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