Giardini e LIS

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È il quarto giorno da quando ho fatto il sogno della villa. Il sogno che mi chiedeva di prendermi cura della casa. Non ho fatto che pensarci. Ho camminato ogni giorno, per pensare all’aperto. Ho incontrato Antonella e Lia sembrerebbe solo per poter pensare alla faccenda da altri punti di vista, per potermi interrogare testardamente sul significato di questo invito. Ho tirato fuori considerazioni che mi hanno sospinto lungo le strade del pensare. Questa mattina – di nuovo in piedi alle quattro! – sono partito per il Lago di Viverone con l’intenzione di fare la stessa cosa: pensare.

Ho camminato in posti bellissimi, vigneti, giardini e frutteti incantevoli. Contemplando un’ansa del lago provavo sempre meno il desiderio di pensare e sempre più il semplice fatto di camminare e guardare. A un certo punto, ho sentito al telefono un’amica che mi ha parlato di Gilles Clément e del suo libro recente: “Piccola pedagogia dell’erba” – che subito mi sono proposto di leggere – ma, per il momento, preferivo rimandare il ricorso alle parole, anche quelle di un libro allettante. Muovermi in mezzo al “giardino planetario” – il concetto, bellissimo, è di Gilles Clément – era tutto quello che sentivo il desiderio di fare, muovermi e guardare. C’è una fase del guardare che precede il guardare esperto, il guardare che sa i nomi e le funzioni. Ero completamente assorbito da questa fase: dal guardare ignorante. E benché una parte di me protestasse perché non avevo voglia di ricorrere a parole, mi rendevo conto che desideravo cedere fino in fondo al semplice contemplare e respirare e assorbire con la pelle.

Ho trascorso così tutto il giorno, fuggendo da ogni attività che comportasse il ricorso alle parole. Il caso – ma esiste il caso? – ha voluto che a un certo punto del pomeriggio telefonasse Antonella, la ragazza clown che ho intervistato per il mio blog. Era molto felice per l’esperienza della chiacchierata e per il video che è stato messo su Youtube. Aveva una proposta da farmi.

 

  • ho una sorella sordomuta, abita a Imola
  • Ricordo che me l’avevi detto
  • Ho pensato, se sei d’accordo, di trascrivere il testo dei tuoi video di mandarglielo perché lei ne faccia video con la LIS, la Lingua Italiana dei Segni…
  • Ma veramente?!
  • Ovviamente il video rimane di tua proprietà, lei te lo rimanda e tu lo pubblichi a tuo nome
  • Antonella, della proprietà non m’importa assolutamente…
  • Mia sorella sarà contenta…
  • Sono sbalordito, sono commosso…
  • Ti va?
  • Sono così felice… assolutamente felice, mi piace da morire questa cosa
  • Venerdì facciamo la festa per la smielatura, vieni in mattinata…
  • Molto volentieri, vengo davvero con piacere, verso le 11 posso essere lì.
  • Ecco, così parliamo e vediamo come organizzarci…
  • Sono felicissimo… ti ringrazio
  • Anche mia sorella sarà felice. A Venerdì!
  • Ci vediamo venerdì!

 

 

Io ascolto il corpo per avere conferma di certe inclinazioni, di certi orientamenti che si plasmano in quello spazio non ben precisato dove si formano le mie decisioni. Ascolto il corpo perché so che sotto sotto comanda lui. So che la mia mente non potrebbe produrre altro che razionalizzazioni che rendono i desideri del corpo accettabili, se non encomiabili. Questa voglia di tenermi lontano dalle parole pensate, dalle parole concetti, dalle parole che dimostrano, sviscerano, spiegano, intuiscono, scoprono, questa curiosa sonnolenza di parole che mi ha governato tutto il giorno, questa voglia di attenermi al camminare, al vedere, sentire, odorare, toccare, mi pare voglia dire qualcosa. Qualcosa come liberare la parola dal dominio del concettualismo per ritrovarla sul terreno del movimento vitale, corporeo, espressivo, emotivo, sensitivo, magari teatrale. Uno che vuole fare lo scrittore non può abbandonare la parola, ma la essa ha altre dimensioni, più vicine al corpo e alle emozioni. Sì, bisogna che sganci la parola dalle catene della logica filosofica, che l’affidi alla poesia, al teatro, all’oralità narrativa…

Ed ecco che Antonella mi porta a casa la Lingua dei Segni. Questa lingua dei sordomuti che è teatralità pura, espressione emotiva e sentimentale per eccellenza.

 

Zio Piero:

  • Adesso stai sognando di nuovo.
  • È vero. Sto sognando, e mi sento bene…
  • Stai immaginando che un’intelligenza sotterranea, una sorta di Provvidenza, ha fatto in modo che gli eventi ti conducessero a questa conclusione.
  • In un certo senso…
  • Prima il camminare tra vigneti e giardini, ai bordi del lago, con il rifiuto di pensare a parole…
  • In effetti…
  • Poi la telefonata di Antonella, con la Lingua dei Segni…
  • Vorrei essere il più credulone degli uomini, il più stupido, il meno critico, il più biasimevole dei superstiziosi … e poter saltellare in santa pace perché la mia buona stella mi ha…
  • Anzi! Lo vedo bene…
  • Cosa vedi bene?
  • Tutta quanta questa storia l’hai raccontata come un gioco della Provvidenza…
  • Che vuoi dire?
  • Cosa voglio dire… Sei in crisi, c’è bisogno di un cambiamento, di un scoperta, di un po’ di eccitazione per rimetterti in pista e la Provvidenza ti manda un sogno: una casa da amministrare con cura.
  • Continua…
  • Ti metti a camminare e questo ti suggerisce che devi tenere il corpo allenato perché abbia energia e vigore…
  • Ti rendi conto che fai tutto troppo in fretta ed ecco che l’incontro con Antonella, il clown che cerca il suo ritmo, ti suggerisce che anche tu devi smettere di precipitarti verso la conclusione e devi provare il piacere di andare più adagio, per andare più lontano.
  • Giusto
  • Ti rendi conto che la noia è nociva e allora capisci che devi scrivere pensando a tenere desta l’attenzione e l’emozione del lettore che è in te…
  • Anche questo è vero…
  • E oggi arrivano i giardini e i sordomuti e capisci che devi fare teatro…
  • E dove sta il guasto?
  • Di credere che ci sia un disegno che si prende cura di te facendoti capitare eventi che ti guidino…
  • Capisco, questa è pura teologia, anzi superstizione…
  • Creduloneria!
  • Ma ora, lascia stare questa ipotesi metafisica che tu credi di intravedere dietro il mio racconto.
  • Hai orchestrato il tuo racconto in questi termini, come posso tralasciare…
  • Provaci, ignora questa ipotesi sottostante.
  • Ebbene?
  • Non ti sembra che le conclusioni siano piuttosto ragionevoli?
  • Avresti potuto arrivarci con un semplice ragionamento logico, senza scomodare eventi provvidenziali
  • Forse tu, Dottor Spock, io non ne sono sicuro. Io ho bisogno di ragionare con gli eventi. Il mio sogno è proprio quello di essere guidato dagli eventi.
  • Ma tu presupponi che ci sia una provvidenza al tuo servizio…
  • Non è un sapere, è una scommessa
  • Una scommessa che cazzo è?
  • Una scommessa che faccio per il semplice fatto che farla mi fa sentire subito meglio.
  • Incorreggibile!

 

Categorie: Eugenio Guarini