Alla ricerca di Naturalità

De la plage, acrilico spatolato su tela, cm 100 x 100.


Appunti di viaggio


Sto continuando con le mie interviste per La Gazzetta del Canavese. Volevo, all’inizio, cercare storie di un Canavese parallelo, meno visibile, fuori dai percorsi usuali e noti, nelle strade di campagna, tra i boschi, nelle vallate.
E mi sono trovato a vivere la metafora del pellegrino, del nomade, alla ricerca di quel “non so che” che ci sollecita a costruire senso nella propria storia e ad avere una storia per costruire senso.


Di fatto, ho incontrato storie di gente animata da un proprio sogno di ricerca e costruzione, apparentemente marginale e debole, ma forse più significativo (per il nostro futuro) di tanto presente consolidato.


Diversi percorsi che portavano tutti alla terra, alla natura, alla montagna… alla ricerca di una fonte di rigenerazione, lasciando dietro le spalle un mondo di inquinamento, stress, aggressività competitiva, o, di ciò che ho imparato a chiamare “cattiva modernità” – per non fare di ogni erba un fascio.


Sia che trovassi camminatori e alpinisti, o che m’imbattessi in aziende impegnate nel biologico, o che sentissi i racconti dei promotori degli orti di montagna, i cultori di erbe officinali, o guardaparco filosofi, sentivo un legame profondo tra tutti questi itinerari e quello che stavo disegnando per me.
Qualcosa che condivido insieme a chi si inventa una vita attorno all’allevamento delle capre e la produzione di formaggi, a chi si costruisce case di argilla e a quelle giovani madri che si fanno cultrici e promotrici del parto naturale, del parto in casa, o del culto della luna.


Non vedo in queste cose un ritorno nostalgico a un passato preindustriale, premoderno. Vi leggo i tratti, piuttosto, di una ricerca relativa a un futuro più armonico, sano, ecosostenibile, in cui la naturalità si sposa benissimo con la moderna tecnologia. In cui il disinquinamento non riguardava soltanto i terreni, l’atmosfera, l’alimentazione, ma anche lo stile di vita, il modo di lavorare, la cura della salute, il modo di sentire, di pensare, di intrecciare relazioni, di vivere la solidarietà, di fare figli e famiglia.


E benché il compito appaia spesso fin troppo grande agli stessi protagonisti di queste piccole imprese che incontro e racconto, mi piace leggere in queste storie la crescita lenta ma irresistibile di un immenso progetto alternativo.


E ho capito che il motivo profondo dell’interesse che provo per queste storie consiste nel fatto che anch’io sono alla ricerca, nel mio campo d’azione, di un pensare, di un esprimere e di un fare che riscopra i filoni della creatività naturale, della spontaneità, dell’energia sana, immaginati sempre a disposizione sotto la crosta della civiltà (o inciviltà) esistente di fatto.


E so di aver sempre creduto nella possibilità del riemergere, da sotto le incrostazioni di maniera di secoli di intellettualismo, accademismo, complessità ingiustificata, contorcimenti d’obbligo…di un pensiero zampillante e fresco, capace di mantenere la meraviglia, di nutrire il bisogno di vedere e trovare, di alimentare il senso d’avventura, di accogliere l’esistente con rispetto nel momento stesso in cui dà al sogno il ruolo che naturalmente gli spetta come guida del fare e del costruire.


Mi piace credere che sto dando anch’io il mio piccolo contributo alla riscoperta e valorizzazione della Naturalità

Categorie: Eugenio Guarini