Lacan e il silenzio

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Lacan e il silenzio.


Ne abbiamo parlato spesso. Ora  non credo che a parole si possa aggiungere qualcosa di significativo.
Lei era raggiante nella sua indisposizione. Non ne voleva sapere di cavillare. Non voleva cavillare più, per tutto il resto della sua vita.
Lui andava e veniva lungo il viale. Il paese era di mare.


Ci sono imprese in ogni luogo e in ogni dimensione. Ognuno di noi è un’impresa. E ha imprese. Sta intraprendendo.
Non è proprio il caso di crogiolarsi tra gli allori, se ti consideri imprenditore.


Una volta sono stato con una ragazza molto bella. Dio!, se mi saltavano le viti e i bulloni, nella zucca. Era veramente una favola. Come dirlo? Lo capisci, vero? Una favola.


E dopo aver fatto l’amore, abbiamo cominciato a parlare. Parlare sul serio. Non so se mi spiego. E non ho voglia di spiegarmi. Ma tu sai che noi maschietti parliamo più volentieri dopo che prima.


E parlando, le cose salivano a galla.
Io dicevo: diavolo, sono qui e vedo. Mi rendo conto che sono vivo e che c’è un casino di vita. Là, davanti a me, tutta qui intorno, e anche dentro.


Era proprio una bella ragazza- e non voglio ricordare quei momenti. Mi concentro sui nostri discorsi, dopo aver fatto l’amore.
Questa cosa sembra così decisiva nella nostra vita di mortali. Tranne che quando ne sei fuori e guardi da distanza. Curioso.
È come se dipendesse da un interruttore.
Si accende e poi si chiude. E così via.


Si parlava, dunque.
E si capiva che ciò che eccitava la nostra immaginazione era la consapevolezza di non sapere che pochissimo delle cose importanti.
Eppure, di desiderare molto.
E anche lei andava, ogni mattina, lungo il corso del torrente, per restare in compagnia del silenzio di Dio.


Lei lo diceva. Sorrideva dicendolo.
Dio era piuttosto lacaniano in quelle circostanze. Stava zitto.
Il silenzio di Dio era la cosa più stimolante. Ti obbligava a trovare/inventare un senso alla tua vita in modo da poter raccontare una storia.


Io avevo capito che finalmente ne ero uscito. Ora i segnali di conquiste consolidate erano sensibili. La paura si scioglieva da sé e si lasciava assorbire dal terreno, come inchiostro su una carta assorbente.


Dicevo: il silenzio di Dio.
Questo è il vero dono.
Non privatecene.

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