Mettere insieme ciò che di solito contrapponiamo
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il quadro: India, cm 50 x 50, acrilico su tela. Ora esposto a Bergamo, Cantina Compagnoni.
Mettere insieme ciò che di solito contrapponiamo
Ma certo che non si tratta di separare il diavolo e l’acqua santa.
Distinguere è un momento importante nel lavoro di comprensione intellettuale. Ma poi, bisogna rimettere insieme le cose.
Jacques Maritain diceva: distinguere per unire.
Nel momento in cui si distingue le cose si contrappongono. Una è nemica dell’altra.
Ma questa è solo una tappa.
Bisogna fare anche l’altra, perché il viaggio sia pieno.
Da questo punto di vista, una vita spirituale da anima bella e il tentativo di ottenere risultati in termini di quattrini sembrano, in primo approccio, nemici giurati.
Quante volte gli artisti si sono sentiti domandare: ma lo fai per l’arte o per guadagnare?
E quante volte i commercianti si sono sentiti biasimare per il loro attaccamento al libro dei conti, senza altre prospettive?
Quante volte le persone spirituali hanno avuto la sensazione che per loro non potesse che esistere un destino di povertà? E gli affaristi pragmatici si sono sentiti condannare a un destino di piattezza materialistica, priva di sensibilità e di cultura?
Non è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno dei Cieli?
Benché la sintesi felice tra i due aspetti sia facile solo per una certa New Age un po’ superficiale, non ci si può nemmeno inchiodare ad una inconciliabilità radicale tra di loro.
Il viaggio di ognuno è di cercarla, questa sintesi.
E in questo impegno, crescerci, sviluppare altro, allargare mente e cuore.
Insomma, capire meglio, per fare meglio.
Ecco un aspetto. Coltivare o estrarre?
Ci sono aziende estrattive, che si tratti di giacimenti minerari o di sangue dei dipendenti. Vanno diritte fino all’esaurimento.
E ci sono aziende che coltivano le risorse. Formano, sviluppano, fecondano… (ci sono?)
Ci sono persone che estraggono giorno dopo giorno le loro risorse, fino allo stress, fino all’esaurimento, fino a fare il vuoto.
Ci sono persone che coltivano se stesse… (ci sono, vero?)
Guarda la coltura – che è il princeps analogatum della cultura.
Il raccolto si fa una volta l’anno. E che sia abbondante!
Il resto dell’anno è trascorso nel coltivare.
Se esaurisci un campo, diventa sterile.
Il contadino ha imparato come coltivarlo, come rinnovare la sua fertilità, e anche come aumentare le sue potenzialità.
La tua azienda coltiva le sue risorse? Oppure si limita ad estrarle?
E tu, ti coltivi la maggior parte del tempo, o invece ti svuoti e ti esaurisci, come se non fossi che un giacimento da sfruttare fino alla fine?
Come vorrei imparare, per me, l’arte del contadino, che sa mettere insieme la cura e la coltura con la messe ed il raccolto!
INFO.
Guarda il quadro con cui l’amico Andrea Rondinini ha vinto il premio Alfonsine (RA) su I colori dell’autunno. E visita il suo sito: http://www.andrearondinini.it/
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