Tutto ciò che serve

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la foto del quadro: Tutto ciò che serve, acrilico su tela, cm 100 x 100.


Tutto ciò che serve


Ieri, perché oggi è dura con il clima.
Sono salito oltre Sant’Elisabetta. Nel luogo dove partono i parapendio. Era luminosissimo e c’era vento freddo. Più freddo di quello che mi sarei aspettato. Tutt’intorno quel silenzio di montagna che è pieno di rumori, sì, ma che restano lontani, sullo sfondo.


Mi domandavo chi sono e perché ci sono. E dicevo a me stesso: Ecco sei come quella roccia, o come quella betulla, o come quel falchetto che gira in tondo lassù. Un frammento sperduto e insignificante nella galassia immensa…


Lo domandavo a voce alta, guardando la cima della Quinzeina.
Nessuna risposta!
Mi sentivo profondamente ignorante di me stesso.


E allora è arrivata la scossa.
Ho capito che nessuno mi avrebbe mai risposto. Che dovevo prendermi io la responsabilità di rispondere a queste domande.
E dunque?


Posso pensare di avere tutto ciò che serve. E seguire la vita in quel che chiama. Il desiderio, il bisogno, la curiosità, il piacere. E posso avventurare ipotesi audaci per scoprire come muovere le cose, come attirare gli eventi, come perforare il tempo con l’avventura.


Milena, la mia modella, dice che noi artisti – ma gli uomini in genere – non guardiamo le donne così come sono. Le guardiamo come se fossero cifre o lettere che indicano qualcos’altro. E anche quando ci amano – diceva – non è noi che amano ma quel qualcos’altro.


Anche le donne fanno così. Me l’ha rivelato Mara. Eva era innamorata di Dio e aspettava con trepidazione la sua visita meridiana nel giardino dell’Eden. Si sentì irrimediabilmente condannata quando si ritrovò a dover amare il suo compagno e basta, dopo la caduta.
Amandolo, amava un Altro.


Mi viene il sospetto che io stesso e gli altri non siamo che cifre di un discorso che Altri pronuncia, lettere e parole di una prosa che non è la mia.


E mi ribello, dipingendo a tratti rudi, e forti. Perché qualcosa sia mio, di ciò che vien fatto.


Ecco che mi appare evidente perché tanti quadri: voglio che ci sia la prova che ho vissuto davvero. Che ci sono stato.


Ho bisogno di essere amato? Sì!
Non sono sicuro di esistere se non ci sono cose che escono da me? Sì!
Io sono un vuoto alla continua ricerca di fare qualcosa che mi consenta di dire che sono.


Una vita che sembra una condanna. E che forse è amore.


Da solo sto bene.
Mi piace pensare.
Ascolto quello che mi dicono, uno per uno. E leggo lo stesso tormento. Detto anche con un sorriso.
Ci possiamo tenere per mano.
Il mistero è grosso e pesante.
Ci possiamo tenere per mano.
Che sia tutto un trucco?

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