La via dell’arte

Il quadro: Cavallo studio 2


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La via dell’arte


Sì, se vuoi, te lo dico in questo modo. Io penso che l’artista non consista soprattutto nel saper dipingere, o suonare o scolpire o scrivere poesie o recitare… Certo, diamine, scrivere, dipingere, suonare, recitare, sono cose bellissime, sto cercando di dire qualcos’altro, che tocchi il nocciolo della faccenda. Se vuoi che mi ci impegni, ecco, penso che potrei proporre una definizione diversa dell’artista. Almeno, credo. Qualcosa che oggi abbia un significato. Mi capisci? Qualcosa che crei una differenza significativa. Perché una definizione si regge su una differenza. Non una differenza qualsiasi. Mi segui? Una differenza significativa. È qui il punto. Ecco , credo che potrei proporre questa definizione dell’artista, oggi. Questa che sto cercando di dirti. E che vorrei dire in maniera diretta, ma non mi viene facile. E per questo te lo dico in maniera negativa, quasi di tangente. Scusami per questa affabulazione. Ecco, pensa, a ognuno di noi viene impartita una certa consegna, un po’ per volta. Delle cose che dobbiamo fare, qualcosa che dobbiamo accettare come un quadro di riferimento che tiene. Per esempio, ci viene detto: ecco devi guadagnarti da vivere, perciò devi fare il tornitore, l’avvocato, l’ingegnere, il medico, prendere un locale, aprire un negozio, andare alle dipendenze di un commercialista, o dipendente del supermercato… Insomma, è chiaro ciò a cui mi riferisco? È molto chiaro. Bisogna guadagnarsi da vivere e c’è una cosa come il mercato del lavoro, con mestieri e professioni, regole, orari, una deontologia, pratiche, burocrazia, norme igieniche, leggi e regolamenti… e per guadagnarti da vivere tu entri lì dentro e ti adegui, accetti. Che c’è di male? Proprio niente. Anzi, se ci sai fare, riesci ad ottenere splendidi risultati e a fare carriera e ad occupare posti di responsabilità importanti che ti consentono di decidere per molti, eccetera. Ci siamo capiti. Ma l’artista, no! Tutto questo non gli va bene. Lui è diverso. Lui ha le rotelle che girano in un’altra direzione. Lui sa che morirebbe in un impiego, o in fabbrica. Solo a pensarci, 8 ore per 5 giorni la settimana alla linea o in un open space, lo fa traballare. Sa che ci soffocherebbe dentro e che non riuscirebbe più, nel breve giro di tempo, a mettere insieme i congiuntivi della lingua madre. E allora, dopo molta esitazione, perché è rischioso – ma poi, alla fine, non sarebbe peggio diversamente? – decide di vivere in modo diverso. Un po’ anarchico, credo. Insofferente di disciplina, di regole, di comandi. Decide di fare quello che gli viene bene, a modo suo, liberamente, inventando un po’ per volta le modalità e barcamenandosi, ma con l’intenzione di sfondare, in qualche modo, sì, di sfondare di avere successo. Comunque di sopravvivere, ma di sopravvivere libero, senza dipendenze. E cercando di procurarsi di che comprare il pane e pagare le bollette, senza andare sotto padrone – finché può. E che poi faccia perline o bigiotteria, che suoni il sax nelle vinerie o dipinga donne nude in via Margutta, beh questo dipende dai suoi talenti, ma il punto sta in quella decisione di fondo di vivere facendo quello che ama e nel modo in cui ama farlo, per non  lasciarsi portar via l’anima.  Che ne dici? Ti piace come definizione dell’artista?
Ti ci ritrovi?


Buona Pasqua, amico mio.

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