Semplificare

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Semplificare.

Ruvidi graffi di mano audace su arenarie stanche di sonnecchiare. La luce del tramonto, e il colore acuto del mare, di fronte agli occhi dell’esule con la nostalgia di futuro. Opere d’arte, si diceva… tracce di un cammino, segnali di desideri…

Non era difficile vivere, portati dal cuore. Ma non volevamo sentimentalismi avvitati su se stessi. E anche l’arte era energica, perfino al tramonto.
Sapevamo che quel che ci chiamava era l’amore. Ma non volevamo inchiodarlo ai pochi, poveri, stereotipi delle riviste che circolavano. E la prendemmo alla larga…

Incominciammo a pensare all’amore come allo scambio che regola la vita in ogni aspetto. Una sorta di respiro. Un respiro all’unisono col battito del cuore.

E dal respiro prendevano avvio le nostre metafore. Quell’alternarsi, complice, di ispirazione e di espirazione. Noi immaginammo l’espirazione come dono. Ognuno dona al cerchio della vita quello che sa e che può, e che viene dal suo interno.

Hai presente un suonatore di flauto?
L’aria che entra nella canna esce fuori, modulata dalle dita e dal cuore, come canto, come armonia…
Ecco, nel donare, ognuno di noi era un suonatore. Volevamo restituire all’universo quell’aria stessa che ci aveva donato, ma modulata al meglio, secondo le nostre abilità.

E poi, l’inspirazione. Che alcuni chiamavano ispirazione. Che era un aprirsi al dono. Un accettare di ricevere ogni cosa, ogni evento, ogni persona. E qui, l’impegno era di aprire le porte. Le porte e le finestre. Magari un po’ per volta, per non essere sopraffatti dall’abbondanza.

La vita, e l’amore, erano questo scambio, cui aderivamo senza paura.

Anzi, il punto era proprio qui. Lasciar dissolversi le paure. La paura di non possedere abbastanza, la paura di essere defraudati in uno scambio iniquo…
Era la paura, nelle sue varie forme, che ci separava dallo scambio di vita che è abbondanza. Era la paura di lasciar fluire…

Avevamo intuito che ognuno di noi scivolava meglio nell’abbondante flusso della vita se lasciava cadere, come lo sciogliersi del sale nell’acqua, ogni paura. Nel non garantirsi c’era, paradossalmente, più garanzia.

E vedevamo che questo atteggiamento del cuore portava una semplificazione immensa nella nostra vita. E sapevamo che semplificare non era rendere sciocca la nostra esistenza, ma trovare il centro, il nocciolo, il cuore.
La semplificazione così ottenuta ci portava alla ricchezza. Mentre la complicazione cui eravamo stati abituati la fingeva solo.

I nostri artisti preferivano il nudo proprio per questo. Non che non amassimo i vestiti. Ma sentivamo che la via semplice ed efficace passava per il territorio del mettersi a nudo. Ma la loro nudità non era vergognosa. Era fierezza di essere nel centro. Di essere nel cuore.

Eugenio Guarini
http://www.eugenioguarini.it

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