stato di grazia
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stato di grazia
Direi che è come quando diventi bello.
Qualcosa di magico succede. Prima eri come un sacco tenuto su a forza, oppure accasciato in un angolo. Ora, apparentemente c’è tutta la roba di prima, ma è comparsa una luce. I Greci classici dicevano: in tutto il suo splendore!
E tutto è snello, elastico, rilucente. È il flusso.
Io la chiamo anche ispirazione.
È lo stato di grazia in cui avviene l’ispirazione.
E non voglio teorizzarci sopra. La scrittura, la musica, la pittura, insomma quello che è la tua cosa, la cosa che fai, tutto viene fuori immediatamente fresco e luminoso, intelligente, pungente, profondo, leggero, verace, assolutamente persuasivo.
Chi l’ha provato anche solo una volta, passa la vita a cercare di ritrovarlo. Ed è pronto a qualsiasi sforzo, prezzo, insomma… è diventato il modello stesso di ciò che significa “vivere”. Mi sono spiegato?
Ed è quello che vado a cercare attorno al lago di Ceresole, tutte le mattine, da dieci giorni a questa parte.
È come un pellegrinaggio, come andare a Santiago de Compostella. È lo spirito del pellegrinaggio che mi pervade mentre salgo da Pont, Locana, Noasca, fino a quando compaiono le tre Levanne.
E mi fa riflettere sui periodi di transizione. La transizione è forse da un lavoro a un altro, da una situazione all’altra, ma è soprattutto il pellegrinaggio dal buio, dalla nebbia, dal freddo, dal grigio, dalla fiacca, dall’uggia, a questo: al flusso, allo stato di grazia, all’ispirazione.
Che impressione, nel silenzio della passeggiata, queste pellicce di muschio sopra tronchi e rocce! Il senso di lussureggiante immaginazione con cui la vita si inventa, anche in minime porzioni di sé, come in questo pezzo di muschio. L’abbondanza strabordante con cui la vita si dà forma. Come se non ci fosse problema d’economia. Come se la vita potesse non badare a spese. Riempiendo ogni interstizio dello spazio con creazioni rigogliose. Assolutamente autosufficienti, fini a se stesse.
Quest’idea mi intimidisce e mi eccita al contempo.
Vedo la meschinità delle mie paure nel fare, nell’esprimere, nel dare, nell’essere. Mi fa sentire arroccato in una sorta di parcheggio della vita per paura di… vivere pienamente. Può un pezzo di muschio vivo di montagna essere così severo nei confronti del mio stile di vita?
Ma ecco che, subito dopo, questo giudizio severo diventa un esempio, uno stimolo, una sollecitazione. E vi vedo, nell’umidità rugiadosa del mattino, un richiamo alla fresca e giovane operosità che affascina per la sua bellezza, per la sua innocenza creativa.
E mi ritrovo a dire a me stesso, camminando: anch’io!
E ritorno a casa un po’ rigenerato da queste passeggiate, con la voglia di diventare generosamente creativo, come un pezzo di muschio di montagna.
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