Lettere da Nosolandia 18

Lettere da Nosolandia 18

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(Il disegno: “Lo sguardo magico della fiducia”)

Le mie gambe stanno migliorando. La bella stagione m’invita a fare più esercizio fisico. E so che l’esercizio fisico, nella misura adatta alla mia condizione, aiuta a ricreare le cellule nervose che sono state danneggiate. E aiuta a tenere il morale alto.

Ma lo so che c’è qualcosa di più segreto e importante: il linfoma è ancora nel mio corpo. La lunga pausa dalla chemioterapia mi ha aiutato a ritrovare un po’ di mobilità. Ma nel frattempo cosa sta accadendo laggiù? Non mi sono dimenticato di questa faccenda. E a volte mi sembra di sentire che la cosa sta lavorando.

Questo non mi toglie il buon umore e la fiducia. A patto di riposare abbastanza e di fare esercizio fisico. E poi di nutrire l’attività del cervello con la lettura, il pensare, la scrittura. La diminuzione della mobilità può incidere pesantemente sulla vitalità, se non hai alternative stimolanti. L’ho constatato in vicini di letto in ospedale, che non leggevano, non sentivano la radio, non facevano niente per lunghissima parte delle giornate.

È importante nutrire la mente. È importante pensare a se stessi, ascoltarsi in silenzio per comprendere cosa si desidera e di cosa si ha bisogno. È importante dare un senso, o trovarlo, a ciò che si sta vivendo, proponendosi degli obiettivi, degli scopi.

E questo che capisco a proposito della malattia e della guarigione, vale tale e quale anche se non si è malati. La vera gioia della vita è avere uno scopo di cui si riconosce il valore intimamente. Essere una forza della natura, invece di un aggregato di cellule, pieno di disagi e lamentele, che brontola perché la vita non si occupa abbastanza della sua felicità.

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(Disegno: “Volare, provarci ogni tanto”)

A volte capita ai malati di avere l’impressione di volare. E non si tratta di quel volo lì che ti sta venendo in mente! Ma dell’esaltazione per una conquista che credevano difficilissima o addirittura impossibile. Credo che quella sensazione lavori il tuo sistema immunitario con una potenza creativa eccezionale. Poi, dopo la conquista, sei stanco, stremato. Ma senti che è stanchezza nuova, più sana. E se dormi, ti farà pazzamente bene.

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(Disegno: “Apprendimento permanente”)

Sono convinto dell’importanza dell’apprendimento permanente per l’energia e la qualità della vita di una persona. Anche indipendentemente dai compiti del lavoro o di qualche obiettivo specifico. Ognuno di noi ha un lavoro essenziale e fondamentale: la propria esistenza. E oggi sarebbe veramente inconcepibile immaginare un’esistenza viva senza l’apprendimento permanente, non solo dopo i Sessanta, ma anche dopo gli Ottanta e oltre.

La sete di conoscenza è per me, anche e soprattutto in questa fase di malattia e guarigione, forse il fattore più potente che mi sorregge e mi gratifica.

Io voglio studiare di più: Per vivere nella gioia costantemente. Per fare delle opere veramente innovative. Per comunicare in maniera migliore e piacevole. Per esprimermi in maniera di dire con chiarezza ed efficacia quello che sento e che penso. Per sviluppare la creatività nel campo del pensiero e del fare. Per migliorare le mie relazioni sociali. Per imparare a valorizzare le persone che incontro. Per ottenere effetti terapeutici con gli strumenti che sono in mio possesso.

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(Disegno: “Qui, sotto la montagna”)

Credo di aver passato un paio di mesi di “vacanza”. La pausa dalla chemio mi ha consentito di uscire da una fase acuta di dolore alle gambe e di riacquistare un po’ di mobilità. Ma so che questo sta per finire. La sospensione dalla chemio ha dato il tempo al linfoma di ricrescere. Sento la sua presenza e ne avvero i segni. Il 3 maggio avrò la visita di controllo e si deciderà, immagino, la TAC per fare il punto della situazione. Dopodiché mi attende una nuova stagione di terapia.

C’è da scalare una montagna. Mi sto preparando. Voglio affrontare la faccenda con lo spirito giusto. Intanto c’è oggi. Non è una giornata di sole, no. È un po’ come ieri. Ma c’è il mio balcone a est, c’è una montagna di libri ancora da leggere. Ci sono gli amici con cui condividere. C’è qualcosa di buono nel frigo per la cucina creativa estemporanea. C’è una miniera di desiderio che urge.

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(Disegno: “Non desidero che danzare”)

Sento che il linfoma sta lavorando sugli sfinteri anali. Mi provoca continuamente lo stimolo di andar di corpo. Esce soltanto un siero rossastro. Mi devo abituare a sostenerlo fino al 3 maggio e alla TAC.

Ce la faremo, mio piccolo amico. Ce la faremo. Otterremo una grande vittoria usando i momenti di bonaccia. Quando la mente è lucida e il cuore fa sentire i suoi palpiti forti. Allora muoveremo le mani, apriremo la bocca, parleremo con gli angeli, scaveremo tunnel nel futuro. Non ricordi i tuoi sogni? Non senti la pulsione del desiderio? E l’amore non conta, forse? L’amore per la vita: il più grande mistero che ti stia proprio lì davanti, che ti si sbatta in faccia. È questo mistero che ti appassiona da sempre e non saranno degli stupidi disagi a distrarti.

E così andremo avanti. Senza aspettarci grandi consolazioni nell’immediato. Ci accontenteremo di fare un passo alla volta. Grati intanto di questo momento in cui sembra che tutto sia possibile.

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(Disegno: “Surfista”)

Da bambini siamo imprenditori della vita, intraprendenti e coraggiosi, curiosi e sognatori. Il lavoro dipendente della vita adulta ci smorza, poco da dire. Ci ammoscia. Dobbiamo ritornare imprenditori in proprio della nostra esistenza. Riconquistare quel meraviglioso spirito d’avventura che abbiamo forse lasciato nei nostri giochi d’infanzia. Forse è Picasso che ha detto che ci vuole una vita per ritornare bambini. Vale la pena di provarci. E via, in mare a surfare snelli e audaci.

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(Disegno: “Sonno rilassato”)

Il ristoro del sonno. Quale pietanza migliore per chi sta male o ha disagi? Il limite dell’artista: lo sa disegnare ma non sempre riesce a farlo.

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(Disegno: “Il proprio destino”).

Da studente avevo ben chiaro che il lavoro di fabbrica o d’ufficio non facevano per me. L’insegnamento mi sembrò una via percorribile: mi piaceva continuare a studiare, amavo la filosofia e immaginavo che sarebbe stato un contesto promettente per dialogare con i giovani. E avrei avuto mezza giornata a disposizione per leggere e studiare per conto mio, a mio capriccio. Era un buon compromesso per guadagnarsi da vivere.

A quei tempi l’opinione comune era che gli insegnanti lavorassero poco. Il lavoro vero era quello manuale, la fabbrica, le otto ore. Il lavoro di concetto degli uffici era diverso da quello manuale ma veniva considerato e valutato con le stesse categorie del lavoro manuale: il tempo di lavoro. Poi c’era anche il detto, scontato, secondo cui “Chi sa fa, chi non sa insegna!”.

E infine c’erano i “tre mesi di vacanza”!

A me non importava niente di questi pregiudizi. Volevo seguire il mio istinto. Stavo cercando la mia strada. Mi era chiaro dove non volevo andare. L’insegnamento mi sembrava un buon compromesso, anche se ero insofferente di sottostare a delle regole stabilite da altri e di dover dipendere da qualcuno che aveva il compito di controllare il mio operato. Diciamo che il mio rapporto con l’autorità era piuttosto problematico.

Era un difetto, ma faceva parte di me. E non ho mai cercato veramente di addomesticarlo.

Con quest’atteggiamento la mia vita nella scuola era destinata a provocare conflitti con l’istituzione, ma era l’epoca del Sessantotto e avevo una buona copertura dall’andamento dei tempi. Finché l’ondata rivoluzionaria si placò e la vita dentro l’istituzione diventò per me difficile e noiosa.

La scoperta del pensiero creativo nelle mie letture sulla cultura moderna d’impresa fu una rivelazione. Per un po’ di tempo cercai di portare nella scuola idee innovative e iniziative didattiche, ma i guai aumentarono.

Fu con la decisione di dedicarmi alla via dell’artista, che finalmente trovai la mia strada. E anche qui, fuori dalle regole tradizionali: niente Gallerie, niente Mercanti, niente Cataloghi costosi. Sono un artista indipendente e ho tracciato il mio itinerario a modo mio. Mi è andata abbastanza bene. Mi piace molto la mia avventura. Sono felice soprattutto perché posso vivere a modo mio. E mi accorgo che c’è un mondo intero di persone che ama questo. E mi trovo in sintonia con tanti che desiderano la stessa cosa: fare il lavoro che amano e come amano farlo. E naturalmente avere un riscontro nella realtà delle cose. È da questa storia che nasce la pittura come Gioia di Vivere.

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(Disegno: “Sopravvento”)

“Sopravvento” è un termine marinaresco. Significa stare dalla parte dove spira il vento. Questo offre un vantaggio. Ed è quel vantaggio che attribuisco a quell’evento misterioso che chiamiamo “ispirazione”.

Tutti gli artisti che ne hanno parlato hanno detto di sentirsi attraversati da una sorta di forza. Uno stato di grazia, per usare un termine che viene da una visione religiosa della vita.

Non è qualcosa che possiamo ottenere a comando. E quanti artisti si sono disperati sentendosi vuoti!

Ma oggi molti studi suggeriscono consigli per predisporsi ad ottenerla, per così dire: favorirne l’avvento. Io ho tentato di scoprirne di personali, particolarmente adatti a me. Ne ho trovati diversi. Tutti confluiscono verso operazioni o atteggiamenti che rallentano, interrompono, fanno meditare, rilassare, sentirsi parte della natura. E poi evocare i propri desideri, immaginare la loro realizzazione, trovare lo slancio e buttarsi, senza attendere miracoli, sperando che le cose accadano. E le cose accadono. Ne accadono di cose. Nella quantità c’è sempre qualcosa di buona qualità, a volte di eccellenza.

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(Disegno: “Nessun linguaggio ferma il vento”)

La malattia non è soltanto quel nodulo nell’intestino con linfoma mantellare che provoca danni e ne può provocare anche peggiori. E neppure quella neuropatia che mi ha tolto l’uso delle gambe (che ora sto recuperando). La malattia è stata per me un’opportunità straordinaria.

Mi ha obbligato a rallentare e a fermarmi. E a guardarmi a distanza, a pormi le domande che aiutano a dare senso alla vita: Chi sei? Che cosa vuoi veramente? Stai lavorando bene? Cosa manca? Cosa puoi fare per…? E con il tempo lento che mi ha imposto, e che ho usato come opportunità, mi sono dedicato a ritrascrivere gli spartiti che sentivo a orecchio. E, ritrascrivendo, reinterpretavo ed elaboravo, osservando nascere da dentro di me, quasi da bossolo, qualcosa di nuovo, con sensibilità nuove, e con una disciplina dotata di nuova passione.

La vita scorre. E scorre molto più veloce di quanto io possa starle dietro (anche con gambe sane). Non saranno i discorsi a fermare il vento o il mare. Io posso cercare di orientare bene le vele e tenere saldo il timone, evitare gli scogli, e andare a riparo quando il tifone avanza.

Ma la bellezza dell’esistere non sta nel controllare ogni cosa, nel possedere la vita. Sta nell’amore di ciò che sempre sfuggirà, che sempre si sottrae alla nostra presa. Non il possesso, dunque, ma la meraviglia, l’incanto, il cantare. E il danzare: perché le gambe ci mettono a contatto con il corpo stesso della vita.

E se mi dedico a un discorso, (e lo faccio con gusto in questa narrazione) voglio che questo scaturisca dal contatto con la vita e non si chiuda nella grammatica e la sintassi. Che rimanga sempre aperto a ciò che ancora non so e che può accadere.

 

Categorie: Eugenio Guarini