Il vecchio Alvin

È morto l’anno scorso. Era del 1928 (aveva 11 anni più di me). Quest’uomo ha avuto un gran peso nella direzione che prendeva la mia vita. Ancora non sapevo che avrei fatto l’artista, ma Alvin Toffler mi convinse che il mondo stava cambiando radicalmente e rapidamente, mi fece capire che invece di averne paura io lo desideravo, e mi avviò alla scoperta della cultura della creatività.

La cultura della creatività dove l’ho scoperta? Leggevo la letteratura moderna d’impresa. Perché leggevo la letteratura moderna d’impresa? Perché la scuola non affrontava il problema della formazione in maniera efficace. Attendeva che gli studenti avessero già addosso la motivazione e l’atteggiamento giusto per pendere dalle labbra degli insegnanti e assorbire rispettosamente la conoscenza. Ma le cose non stavano in questi termini. E l’analisi degli scarsi risultati nel profitto scolastico delle classi veniva spiegato attribuendo la colpa interamente agli studenti.

Mi sembrava una semplificazione inadeguata. A suo tempo ero stato uno studente con grande motivazione d’apprendere, ma piuttosto lento e le modalità della scuola non mi avevano favorito. Pensavo all’apprendimento come alla più bella e importante avventura della vita e avrei voluto una didattica capace di venirmi incontro, di interpretare i miei bisogni e di soddisfarli. Alla fine degli anni Ottanta stavo facendo delle sperimentazioni in tal senso a vantaggio dei miei studenti. Quando decisi di raccogliere in un libro questi esperimenti, lo intitolai L’appassionante avventura dell’apprendere. Erano esperimenti che svolgevo (dovevo farlo) al di fuori della scuola. Una trasmissione radio intitolata “Questi dannati adolescenti” dove li intervistavo e li facevo parlare direttamente. Sessioni in cui mi facevo spiegare la pubblicità e il concetto di look, e altre cose del genere. La mia immaginazione aveva buon gioco a sbizzarrirsi, senza i vincoli e i controlli dell’istituzione scolastica. I ragazzi partecipavano con entusiasmo e io raccoglievo materiale prezioso che mi consentiva un dialogo ravvicinato con la visione delle cose dei ragazzi.

Era un modo di operare che faceva appello alla libera iniziativa del ricercatore. Avevo bisogno dello spirito dell’impresa e mi ero messo a leggere la collana che Sperling & Kupfer stava pubblicando sulla moderna cultura d’impresa. Vedevo la libera impresa come libera di muoversi senza le pastoie dell’istituzione, libera di sperimentare e di ricercare il successo in termini di coinvolgimento degli studenti e di ripensamento delle modalità di studio. La formazione diventava un lavoro creativo che intendeva ripartire da un ripensamento radicale del problema alla ricerca di modalità più calzanti con i tempi.

Fu in questo contesto di letture stimolanti che incontrai Alvin Toffler de Lo choc del futuro e de La Terza Ondata. Alvin Toffler mi confermava che il mondo stava cambiando radicalmente e rapidamente e che nuovi comportamenti e nuovi modi di pensare erano necessari. Ci voleva una cultura della creatività. E dalla creatività mi sentivo profondamente attratto. Nel 1992 mi decisi a chiedere la pensione, avendo maturato 30 anni d’insegnamento. L’amore per la creatività sarebbe stata la mia passione scatenante per il resto della mia vita. Non sapevo ancora che avrei fatto il pittore. Alvin Toffler aveva tuttavia aperto una porta su un orizzonte nuovo, appassionante, eccitante, avventuroso. Irresistibile.

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