Il richiamo dell’Eden

Il richiamo dell’Eden.
Colloquio con Isabella Guerrini, paesaggista.


Già loro sono una favola. La loro impresa è una serra di erbe spontanee e selvatiche. Sono a Vespie, dietro i Monti Pelati, sul versante che scende a Castellamonte ed è qui che Cristiana mi ha invitato. “Vieni, ti voglio far conoscere una persona fuori dagli schemi”, mi dice con enfasi. Cristiana è sempre uno slancio di entusiasmo. Lei e Sergio hanno creato questo giardino per la coltivazione delle erbe selvatiche. Vivere in un giardino è realizzare un ritorno all’Eden, un sogno che un numero crescente di persone coltiva oggi reagendo all’aridità di una cultura eccessivamente centrata sull’artificiale. Da qualche tempo ha aperto un blog: Il Giardino delle Naiadi (http://vivaionaiadi.blogspot.com/) dove condivide il suo amore e la sua conoscenza con gli appassionati. “So che ripristinare la natura selvatica su tutto il pianeta è un’impresa ciclopica – dice con gli occhi sognanti – ma almeno potremmo farlo in Valchiusella!…”
Prima di entrare nella loro tenuta mi faccio una passeggiata lungo la stradina che serpeggia tra le colline. Meriterebbe un po’ di manutenzione, ma il paesaggio è piacevole e verdeggiante e ti fa scordare le buche e le crepe nell’asfalto. Siamo a ridosso dei monti della Luna e diversi cartelli indicano sentieri naturalistici che ti portano a vedere la magnesite affiorante.
Quando supero il cancello mi sento accolto in un angolo di Paradiso. Il tavolo è apparecchiato sotto un gazebo ombroso di rampicante dove una giovane donna sta disponendo piatti e posate. È lei: Isabella Guerrini, paesaggista, l’ospite che devo conoscere. La sua storia è ricca di svolte, come per quasi tutte le persone che ho incontrato in queste Passeggiate. La strada è serpeggiante, direbbe il saggio. Ma la bellezza di queste storie contemporanee sta proprio in questo. Come se la Vita ti facesse seguire un programma personalizzato in vista di un apprendimento calzante.
Nativa di Foligno, Isabella inizia la sua formazione con Psicologia a Roma e sposa un ricercatore universitario. Le infedeltà del marito inquinano l’atmosfera e la inducono ad abbandonare la Facoltà. Lascia Psicologia e marito per seguire un richiamo che le arriva da più lontano… “Fin da bambina ero appassionata di giardini, mio padre mi comprava riviste come Gardenia e simili. Possedevo una collezione notevole di fotografie di giardini. Dopo le vicende che ti ho detto, mi arriva notizia di un progetto promosso dall’Università di Perugia, Facoltà di Agraria, su Progettazione e gestione del paesaggio. Era una novità per Perugia che ha una tradizione rispettabile nel campo dei giardini, ma non  ha architetti paesaggisti. Questo è il motivo per cui questo percorso nasce dentro Agraria. Non ho esitato a fare richiesta. Avvertivo, come tanti altri, il fascino e le suggestioni di Pietro Porcinai, architetto e paesaggista tra i più importanti del Novecento, la cui fama troneggiava negli ambienti umbri”.
Ed è così che Isabella viene selezionata e entra nel progetto. Cosa si studiava? Le chiedo. Botanica, Arboricoltura, Neurobiologia vegetale, Estimo rurale e Computo metrico. E poi gli Elementi di progettazione: metodologie architettoniche che riguardano le forme e la loro armonia. “Mi sono laureata con una tesi sul Giardino Simbolico, che è un giardino basato su tutti i miti della creazione. Perché tutti i miti della creazione riguardano sempre un giardino. Non solo l’Eden della Bibbia. Nelle culture nordiche, per esempio, l’albero cosmico è un frassino che ha dato origine a tutto l’universo. È un  albero rovesciato, la chioma in basso e le radici in alto. La chioma è dove c’è la conoscenza, come per ribadire che le cose nascono dalla profondità dello spirito. Che all’origine le mitologie mettano un giardino significa la consapevolezza che gli organismi vegetali sono i nostri progenitori, i primi che hanno colonizzato la Terra. Per questo le piante sono fonte di insegnamento e di energia originaria. Non è un caso che gli oracoli vivessero dentro alberi secolari. L’albero è una biblioteca vivente”.
Mentre sono lì a fantasticare sul frassino cosmico – dato che ho un legame personale con questa pianta da quando Severino Doppi me lo ha rivelato – Isabella continua il racconto. Dopo la laurea lavora in una Cooperativa a Spoleto, occupandosi dell’inserimento di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro. Era responsabile del verde, dei giardini cittadini, dei parchi. Poi, un po’ affaticata dal compito di gestire i cantieri, si mette in proprio. Nel 2001, alla morte del nonno, che aveva un’azienda agricola e a cui era particolarmente legata, sente il dovere di raccoglierne l’eredità. Realizza un agriturismo e una piccola azienda per la trasformazione e la produzione di confetture Bio. Nel 2007, quando i genitori vanno in pensione, cede loro la cura dell’azienda e accetta un incarico in Emilia Romagna che le consente di ricominciare a fare il suo lavoro. “Con grande difficoltà – dice – perché era già il tempo in cui il paesaggista non era necessario. Oggi come oggi il paesaggista è una figura perfino scomoda. Però me la sono cavata e in questi anni ho fatto dei bei giardini e lavorato con persone che sono cresciute insieme a me. Mi sono anche occupata di educazione ambientale. Fino a giugno a Bologna lavoravo in un’associazione impegnata in attività educative ispirate a Bruno Munari. Quest’anno il comune di Bologna ha tagliato i fondi e il 70 per cento delle associazioni che riceveva sovvenzioni ha chiuso, noi compresi”.
Ora Isabella è in una sorta di periodo di passaggio. Sta per partire per la Scozia, dove ha preso contatti con un ecovillaggio storico, che sta compiendo i cinquant’anni dalla fondazione: Findhorn. Findhorn è noto in tutto il mondo. “ E nasce dalla filosofia dei giardini – mi fa sapere Isabella. I tre fondatori sono tre persone che aprirono negli anni Sessanta un albergo in questi posti. Erano una coppia e un’altra donna. Una delle due donne ‘parlava’ con gli spiriti della natura che le davano indicazioni su cosa e come fare. Hanno costruito orti e giardini sulla spiaggia dove crescevano delle cose incredibili, straordinarie. Venivano gli studiosi a cercare di capire il perché! Vado lì con un progetto specifico. Vengo accolta molto bene perché sono in linea con il loro messaggio. Sono impegnata in un progetto di Aeroponica, che è il processo di sviluppo in serra di piante senza l’utilizzo di terra o di qualsiasi altro aggregato di sostegno. Le piante infatti sono sostenute artificialmente e la loro alimentazione è garantita da sistemi di nebulizzazione di acqua arricchita da fertilizzanti minerali che investe direttamente l’apparato radicale della pianta”.


Durante il racconto di Isabella abbiamo gustato il pranzo preparato dagli ospiti gentili. Fiori di zucca ripieni e un piatto succulento greco a base di melanzane e ragù. Sergio parla con trasporto e sensibilità del mondo vegetale. Il mondo vegetale è vivo, vicino, generoso. È sottoposto ad una massiccia opera di degrado e inquinamento ad opera dell’uomo. Cristiana dice che il degrado è veramente grande e i segnali che ci arrivano dal Pianeta sono inquietanti. Tuttavia è bene operare con fiducia e positività. E gli spazi di azione e di consapevolezza si stanno aprendo.
Tutti e tre insistono sull’esperienza di una comunicazione intuitiva ed emotiva con le piante. Un sapere che era noto nelle tradizioni antiche e diffuso un po’ in tutti i popoli. Su questo sapere si fondava una medicina naturale e un universo di significati che assicurava alla vita intera un mondo emotivo e ricco, che è andato perso con l’eccesso di razionalizzazione e materialismo del mondo moderno.
A incontro terminato rimugino su questa percezione del mondo vegetale. Sento anch’io il fascino e il richiamo del bosco, delle piante, fin da bambino. Da piccolo io vivevo sulle piante, come il Barone Rampante di Calvino. Camminare in montagna, attraversare i boschi, è fonte di un sentimento indicibile di pace, di fiducia, di pienezza. Appena giunto a casa mi precipito su Internet per saperne di più sul paesaggista Pietro Porcinai, figura veramente appassionata e stimolante, che spinge a lavorare per il paesaggio, a sperare che molti giovani prendano questa professione, perché i bei paesaggi ci riportano alla pace, al sentimento alto del vivere. E poi vado a curiosare a proposito di Findhorn. Qualche giorno dopo, sento parlare di Findhorn anche da Roberto e Angela a Prascorsano durante una specie di incontro Yoga e filosofico. E ancora da Alessandro Gotta a borgata Boetti di Pont Canavese. Questo nome è connesso strettamente a una filosofia agricola e di vita che si chiama Permacultura il cui fondatore è un signore dell’Australia, Bill Mollison, la cui biografia è un interminabile stimolo mentale. Ho voglia di leggere, leggere… Di conoscere, di incontrare.

Categorie: Eugenio Guarini