Dante è passato a Piandane

Nella foto: Bruno Boggio. durante la nostra conversazione.


Guarini Newsletter


www.eugenioguarini.it


Dante è passato a Piandane


Sono andato a trovarlo nella villetta rustica di Piandane, a metà della collina di  Belmonte, in Pertusio, dove vive con Franca in un certo spirito bucolico.
Pur essendogli amico da vecchia data – gli avevo anche presentato, nella Sala Consiliare del Comune di Valperga, nel dicembre 1999, un volumetto di poesie dal titolo “Tracce d’amore” edito da L’autore, Firenze – una tale “performance”, la creazione di un poema in endecasillabi e terzine a rima incatenata, mi ha incuriosito e allora…sono andato a trovarlo.
Abbiamo conversato per due ore, fittamente.
La sintesi della nostra conversazione è stata condensata in alcune domande-risposte che presento di seguito. Non senza qualche commento, ad intercalare.


– Sì, ma perché in endecasillabi, perché una “nuova” Divina Commedia?


“Dante è un grande. Ovviamente non sono “io” a dirlo! Soprattutto, per quanto concerne la poesia, per me è assolutamente il più grande. E i grandi continuano a vivere, ispirano forse, attraverso la loro rilettura e l’inesauribile ricchezza della loro sapienza,  anche delle rielaborazioni della loro opera. Del resto Dante è immortale e dunque ancora oggi, credo, necessario, anche se cambia la visione del mondo e, permanendo il bisogno di trascendenza, può mutare la prospettiva dell’ ipotesi spirituale…
E, comunque, il mio amore per Dante è stato  troppo forte per non provocare qualcosa, magari anche a mia insaputa, nei chimismi della mente. La mente, gratta gratta, alla fine è un mistero, se si va oltre, oltre l’oltre… E poi, guarda, ho scoperto che esprimermi in endecasillabi mi risultava relativamente… facile. Me ne sono accorto alla festa per il pensionamento del Preside prof. Errante. Per quella ricorrenza avevo composto un canto – il XII bis della Divina Commedia, dedicandolo a lui – e l’ interesse e la sorpresa, soprattutto dei commensali miei vicini di tavolo, mi avevano benevolmente impressionato. Anche il Preside aveva apprezzato. Ma la folgorazione me l’ha data l’interpretazione di Benigni, in televisione a fine ottobre 2005. Anche Gassman, però… Impossibile resistere…”


– E così abbiamo l’uscita a stampe della prima delle tre Cantiche…


“Sì e non è l’Inferno. Anche perché io non credo alla realtà dell’Inferno. Non credo ragionevolmente alla possibilità di un luogo di pena eterna, nel quale si debba scontare una condanna eterna… E’ umanamente terribile pensarlo, è terrificante. Atrocemente medievale, peggio, da secoli bui… Inoltre io sono fermissimamente convinto che un tal concetto sia ineluttabilmente in conflitto inconciliabile con quella idea di bontà e misericordia infinita che attribuiamo a Dio. Dio, per me, in sintesi, pur essendo Dio di giustizia è soprattutto Dio di misericordia: giusto nella misericordia.


– E qual è il suo titolo?


Iter divinus è il titolo del poema nella sua interezza delle tre Cantiche; la prima cantica, ha per titolo “Le Stelle dei doni”. In essa presento, nell’arco di 34 Canti, la mia peregrinazione nel, chiamiamolo così, primo regno dell’Aldilà. Il mio poema, a cominciare da questa Prima Cantica, recentissimamente pubblicata, è finalizzato ad ispirare una grande, meravigliosa speranza. La dinamica della vicenda ruota su episodi successivi che mi permettono di incontrare su quelle particolari stelle, chiamate “dei Doni”,   una lunga serie di personaggi che di questi doni sono testimoni illustri.


Mi guardo attorno. C’è un patio, c’è un orto, dei posti ombrosi. Il rigoglio della natura, dopo le grandi piogge sembra isolare dal mondo quotidiano, predisporre in qualche modo alla meditazione.


Mi viene da chiedere cosa ha avvicinato un insegnante di educazione tecnica alla letteratura, alla scrittura…


“Sì, sono stato insegnante di educazione tecnica nella scuola media di Valperga per trentacinque anni. E l’ho fatto con passione. Per più di trent’anni ho svolto anche la funzione di vicario e di fiduciario di sezione staccata. Ma la vocazione interiore è sempre stata verso la letteratura. Il mio amore per la poesia e per la letteratura è la costante interiore di sempre. E nel mio nascondimento ho sempre coltivato questa gioia di scrivere, quasi rispondendo ad un bisogno fisico, oltre che, ovviamente, spirituale.


Una femmina di pastore tedesco ci salta attorno gioiosa. Si chiama Desy. Ha un aspetto mansueto, pacifista.


– E sei stato anche impegnato civilmente e socialmente…


“Sì sono stato assessore e consigliere al Comune di Valperga per più di un decennio, in associazioni del paese, come Pro Loco e Fidas, persino a livello parrocchiale; poi mi sono occupato di sport, a livello calcistico amatoriale, con  ragazzi di Pertusio e di Valperga. Sono stato il primo bibliotecario volontario di Valperga, dal “76 al “80 e per 3 anni dal 73 al 75 ho retto, con altri amici volontari, una scuola serale gratuita alle elementari di Valperga preparando dei lavoratori per l’esame di licenza media… Il 27 gennaio “93 sono uscito volontariamente dalla vita pubblica, pur mantenendo l’impegno sportivo con i miei ragazzi.
Nel “97 ho incontrato Franca, e quando è mancato mio padre… abbiamo dato una sterzata alla nostra vita e siamo venuti ad abitare quassù, in quello che amo chiamare, il mio piccolo “paradiso terrestre”. Nella campagna, in mezzo ai boschi, nel silenzio e con la sana compagnia dei miei gatti e della mia Desy. Non una fuga. Neanche una ritirata. Solo voglia di recuperare il tempo. E con il tempo…me stesso. Finché…”.


– In Iter divinus c’è l’equivalente di Beatrice? Me ne vuoi parlare?


“Nella Prima Cantica  percorro l’ iter parziale, quello sulle Stelle dei Doni, con una accompagnatrice, che per me è una presenza beata. Certamente non è un personaggio meramente fantastico, ma ha un riferimento reale. Alla fine degli anni Sessanta ho fatto delle esperienze di gruppo all’interno dei movimenti cattolici che vivevano l’esperienza del vangelo in un modo giovane, entusiasta e affascinante. Erano i tempi delle messe rock, delle messe dei giovani, un modo di vivere la fede, affascinante, che coinvolgeva anche i lontanissimi dalla chiesa, senza chiedere niente in termini di identità ideologica. Ero a mio agio nei rapporti con gli altri e con me stesso. Ero affascinato da questa gioia di vivere…
Così avevo conosciuto altri giovani come me, ragazzi e ragazze, gioiosi, entusiasti, davvero vivi in Dio. In particolare ero rimasto attratto da un gruppo, con delle ragazze che interpretavano la loro fede in modo meraviglioso attraverso le loro canzoni, con una carica straordinaria.  Una di queste ragazze era particolare. Mi aveva colpito fin dal primo momento. Come se nel suo modo di fare io riconoscessi una sensibilità speciale.
Pochi mesi dopo, in una vacanza al mare, morì tragicamente, fulminata da un phon. Fu una scossa terribile,  anche per me.
A lei mi sono ispirato per il personaggio dell’accompagnatrice in questa prima parte del viaggio, chiamandola  con lo pseudonimo di Sòllina. Mentre sarà lo stesso Dante ad accompagnarmi nella seconda cantica. E Giacinta di Fatima nella terza”.


– E allora vediamo il concetto principale di questa cantica. Perché “Le stelle dei Doni”?


“La mia concezione dell’aldilà è ovviamente diversa da quella di Dante. Decisamente meno ortodossa rispetto alla teologia cristiana. Il rapporto tra l’uomo e Dio è diretto: non passa attraverso le istituzioni. Insomma, io sono il sacerdote di me stesso. Ritengo che le mediazioni istituzionalizzate servano solo, in fondo, per controllare le coscienze, altre…inquisizioni, magari più soft, ma…”.


– Questo Dio parla non direttamente, ma attraverso le parole dei personaggi che incontri. E questi personaggi sono dei testimoni dei doni…
Ecco dunque, cosa sono i doni?


“Ciascuno di noi ha ricevuto dei talenti. A volte uno in particolare, che sovrasta tutti gli altri. A me, per esempio, piace scrivere. E questo rientra, probabilmente,  in un dono immeritatamente ricevuto. Per me questi talenti sono i doni dello Spirito Santo.
Michelangelo ha manifestato nell’arte la sua piena dimensione umana, e noi la possiamo ammirare nelle opere che ci ha lasciato. Socrate ha avuto il dono della sapienza. Rivela la sua sapienza nel momento in  cui, pur subendo un’ingiustizia, si rende conto che subire un’ingiustizia è quasi normale, perché l’uomo è limitato, assolutamente imperfetto. E in questa condanna trova la conferma di ciò che davvero è Giustizia, oltre la realtà umana, in un aldilà possibile, probabile, benché non definibile fisicamente.
Machiavelli l’ho considerato un personaggio esemplare nella pratica della virtù del consiglio. Ha avuto esperienze diplomatiche al servizio di molti potenti del suo tempo, pur essendo di umili origini, vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro. Ha dovuto usare molto bene la sua intelligenza nella conoscenza delle persone, per evitare di compromettersi e di poter subire conseguentemente delle ritorsioni e delle, a quei tempi, possibilissime punizioni e vendette. Pensiamo un attimo a Galileo, eminentissimo nella scienza,  a cui dedico un Canto.
Per la pietà, che è una delle virtù più belle perché è forse quella che  ti porta più “vicino” a Dio, a Dio che ama, a Dio-Amore, ho scelto come maggior esponente Madre Teresa di Calcutta…”.


– Non anticipare il contenuto dell’opera, che è giusto venga conosciuto dalla lettura diretta. E dunque, ogni uomo ha ricevuto almeno  un dono in particolare, dello Spirito Santo. Dunque ha certamente una missione, un compito. La vita non è affidata al caso, non è vuota di senso… E la Cantica è un invito a scoprire il proprio dono e metterlo in pratica… è questo che suggerisci ?


“Io credo che noi non siamo qui per caso. Il caso non esiste. C’è sempre un rapporto di causa – effetto. È un postulato. È il Pensiero di Dio che crea ogni cosa. E il compito dell’uomo è scoprire il proprio talento e lucrarlo.
È un messaggio positivo. Voglio stimolare chi mi legge a guardare oltre se stesso. Io mi sento molto debole e incapace, molto limitato, continuo ad aver bisogno di imparare quasi tutto, ma nel momento in cui percepisco la mia limitatezza e riesco a guardare oltre me stesso io posso credere ancora nei miei sogni, nelle mie aspirazioni profonde, fino all’ultimo istante della mia vita. Non è presunzione. Affatto. E’ accettare di essere vicini a Dio, perché, volenti o nolenti, Dio è ed è soprattutto in noi”.


– Come termina la Cantica?


“Alla fine si arriva alla stella di Regolo, dove si incontrano spiriti che hanno espresso in modo particolare il talento dell’intelletto. C’è Leonardo,
Mozart…
Ed è in questa stella che avviene il passaggio. Sollina sparisce e compare lo spirito di Dante”.


E mi legge l’ultimo Canto, il 34°, per intero. E io, uditore stupito, lo applaudo.


Piandane è un luogo fuori del mondo. Viviamo … tra le stelle.
Iter Divinus: 13.000 versi di meditazione.


Bruno Boggio
Iter divinus
Prima Cantica.
Le stelle dei Doni
.
Seneca Edizioni

Categorie: Eugenio Guarini