E’ possibile
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Il quadro. È l’ultimo fatto. L’ho chiamato “E’ possibile”. Io vedo questa donna che esce da un luogo incantato – forse è l’infanzia -, decisa ad attraversare lo spazio della sua esistenza.
Ha un suo sguardo. E gambe per marciare. Cercherà di realizzare i suoi desideri e i sogni che la abitano e di cui si prende cura nella sua interiorità. Sa di non avere un potere illimitato – tutt’altro. Ma da bambina ha giocato molto e le cose riuscivano divertenti. Ora non succederà qualcosa di analogo?
È possibile.
Tutti gli esperti dicevano che la cosa non era possibile, finché venne qualcuno che non lo sapeva e la fece.
C’è un modo ingenuo, innocente – direi – di prendere la vita che mi affascina profondamente. Ed è questo. Gli occhi di un bambino che ignora assolutamente ciò che è stato detto, decretato, stabilito, e, finché nessuno ci si mette in mezzo, pensa che quel che gli viene in mente di realizzare si può fare.
Mi sono anch’io domandato se tornare ai comportamenti dell’infanzia non fosse una decisione saggia, da fare nella consapevolezza che l’età adulta sembra comportare. Di fatto, mi rendo conto che la domanda giusta non è questa. La domanda giusta è: è possibile, dopo che hai conosciuto la vita, il mondo (Leopardi direbbe: hai avuto la ragione) ritornare all’innocenza, all’ingenuità dei comportamenti dell’infanzia?
Che sia opportuno e fecondo lo sostengono in tanti, soprattutto tra i promotori del pensiero creativo. Ma, è possibile?
Sembra che quando hai visto le brutture del mondo, le nefandezze, gli obbrobri, gli stermini, la protervia del potere e tutto il resto, una sorta di veleno si insinui nel tuo metabolismo e che ti sia impossibile ritrovare lo slancio, l’entusiasmo, l’eccitazione innocenti e ingenui dell’infanzia.
E, su questa base, noi diciamo ai nostri figli: cresci ragazzo! È ora di camminare con i piedi per terra. Che vuol dire – credo – niente grilli, sogni e cazzeggiamenti vari. La realtà è piuttosto dura ed è meglio che ti ci adatti.
Eppure, ora che divento vecchio, sono sempre più convinto che ci siamo inventati una trappola con questo autocompiaciuto senso di realismo. Che è meglio scivolare nell’irresponsabile follia del sognatore. E che si tratta poi, in fondo, di mettere quel che si possiede di capacità razionale, al servizio di ciò che si ama, si desidera, si sogna. Esattamente come i bambini.
E che questo è possibile. Non perché ti ci conduca un ragionamento ben congeniato – cosa che è sempre utile e interessante. Ma perché la vita stessa ti ci porta, se la lasci fare.
È un po’ come quelle persone che professano cinismo e dichiarano di non volersi mai e poi mai più innamorare. Ma, se la vita li tocca, se arriva il colpo di fulmine, se il miracolo li visita, sciolgono immediatamente i legacci e si lasciano portar via dalla magia delle cose.
Qualcosa del genere, credo.
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