Leggere le nuvole

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Il quadro. La ragazza seduta in atteggiamento pensoso e sorpreso. Uno sfondo infiammato e mosso. “Nuvole” è il titolo e allude alla mancanza di una percezione netta e univoca di ciò che sta capitando, di ciò che è in gioco. È la situazione di incertezza in cui il mondo contemporaneo ci colloca tutti. Ma non è una condizione che necessariamente inibisca l’iniziativa e la determinazione. Le persone in cerca accettano l’ambiguità delle cose e si determinano in proprio a creare un loro ordine significativo, seguendo il richiamo interiore: il sogno che li abita.


Leggere le nuvole.


Che sto decisamente meglio,  lo capisco anche dal fatto che sono tornate a piacermi le nuvole.


Era stato fantastico all’inizio della mia avventura d’artista, quando ho cominciato a dipingere – dici anni fa – aver scoperto il metodo delle nuvole. Le macchie che facevo sulla tela erano le mie nuvole e io le scrutavo con attenzione per scoprire quali figure contenessero o suggerissero. Esattamente come si fa da bambini guardando il cielo. E quando ne intravedevo una che mi chiamava, vai! La facevo venire fuori…
Era un gioco d’immaginazione. Piacevole. Così ludico da ritornare all’infanzia senza in inibizione alcuna. Ed era estremamente fecondo. Quanti volti di donna sono nati in questo modo, mille? E tutti diversi, ognuno col suo segreto, col suo mistero.


Ho cominciato a sospettare presto – o a desiderarlo fortemente – che questo “metodo” potesse essere esteso alla vita intera: a gestire l’impresa, a dirigere la propria barca nel mare dell’essere…
Lo preferivo rispetto a una razionalità più logica e deduttiva e cercavo di elaboralo in termini operativi perché era ludico, perché era immaginifico, perché mi faceva sentire col cervello collegato, perché mi emozionava.


Certo, volevo essere creativo. Oggi tutti vogliamo essere creativi. Essere creativo è diventato un must. E so che nella creatività, soprattutto nella cultura d’impresa il momento del Problem Solving è centrale.


Immagino la gente nelle aziende passare la giornata, profondere il meglio e il più delle loro energie intellettuali a risolvere problemi. E credo proprio che di problemi da affrontare ne sorgano ogni giorno, in abbondanza.
Il mio affetto per il metodo delle nuvole mi suggerisce un’ipotesi presuntuosa. Non sarà che le nostre energie sono troppo concentrate a risolvere i problemi invece che a cercare opportunità?


Perché il metodo delle nuvole è una versione di quell’impegno dell’intelligenza che si prodiga nella ricerca delle opportunità, del possibile.


Mi si prospetta nella mente questo scenario: problemi che sorgono in continuazione, per effetto del cambiamento. Le cose che hanno funzionato fino a ieri, oggi all’improvviso non funzionano più. Le previsioni sono molto più difficili, le decisioni non si possono più ricavare da un calcolo dei dati, sulla base di un modello fisso, tradizionale.
A fronte di questa epidemia di problemi, le risorse intellettuali vi si concentrano, si mettono ad analizzare, a ricercare le cause – non più così facili da identificare -, e elaborare soluzioni, a testarle, a ridiscuterle… e via discorrendo. Quando arrivano a una soluzione ragionevole, tutto è già cambiato radicalmente. E la soluzione non calza più.


Quante energie sono impegnate a risolvere problemi?
E quante – invece – sono impegnate ad esplorare e ricercare le opportunità?


Non sarebbe più leggero e più fecondo, sulla base del nostro obiettivo finale, scrutare quello che accade per vedere se non contenga delle opportunità, delle possibilità? Non sarebbe meglio impegnarci ad andare incontro a opportunità, movendo le acque, mettendo in moto catene di eventi, agitando le braccia?


Forse, in concreto, la scelta non è in termini così drastici.


Resta comunque che nella ricerca artistica esplorare il possibile, cercare opportunità, fa aggio sul risolvere problemi – che è anche una parte importante dell’operosità creativa, ma – io credo – non detiene la leadership.


Chissammai?

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