Waiting…
Il quadro e il titolo:
Waiting on the World to Change
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Qualcosa che spunta fuori. Una luce migliore verso Oriente. Una luce e qualche soffio di vento. Con la musica di sottofondo e tu che cerchi di immaginare la colonna sonora del film. Mentre la scena scorre.
La rive gauche…, che cosa stai vedendo? La Senna, certo, e Parigi. Forse si tratta della prima gita scolastica all’estero, ricordi? Era straordinario esplorare il mondo con la tua classe del liceo. Li ricordi? Perfettamente. Li ricordo perfettamente quei ragazzi. Davide e Monica, allora fidanzatini, si sono sposati poi. Oggi, hanno già tre figli. E Betty? Santo cielo! Con la macchina fotografica che faceva scatti a ripetizione. E le storie di Elena, che non arrivava al treno all’ora della partenza, per via di quel fidanzatino che si era trovata strada facendo…
Ha smesso di piovere. Ora ritornerà il bel tempo e il caldo e le nostre lamentele sull’estate anticipata… Tutto questo e quella luce nuova verso Oriente.
Ma ci sei Daniela? Mi stai ascoltando?
Mi hai detto cose ragionevoli, ma la cosa carina è stata che me le dicessi. Hai tentato di provocarmi e di scuotermi un po’. Tu sembri rassicurata da tanto tempo, molto prima che io mi ponessi domande in proposito. Hai una bella faccia. Questo mi dice molto. E so che sei capace di mantenerla tale molto a lungo. Io … continuo ad essere piuttosto inquieto, ma…
Quando è stato? ieri, mi sembra. Già fin dalle prime ore del mattino. È stato allora, sì, credo che sia avvenuto in quella fascia oraria, io andavo al bosco e tutto prometteva pioggia ancora. Ma in quel momento non pioveva. E io andavo a vedere gli effetti del temporale nella mia tenuta boschiva, architettonicamente ristrutturata…
Vogliamo rappresentarla come una scena dialogo?
Ecco:
Io: Che sta succedendo?
Voce: Hai conosciuto la vecchiaia in arrivo. Il peso e la fatica del corpo. Le energie che cominciano a diminuire. E ti sei spaventato a morte?
Io: E che altro potrei fare?
Voce: Accetta tutto questo. Affidati. Abbandonati. Se sei furbo, fa’ di più: di’ che hai la fortuna di esplorare una nuova età della vita e cerca di divertirti. Di scoprire. C’è ancora avventura nella tua vita.
E Catia? Che stai facendo? Perché non ti sento da tanto tempo? Ce l’hai una versione di La Vie en Rose? Lo so che tu suoni sempre orchestre celestiali. Scrivi una nota o due per me. Mi fa piacere sentire un po’ di melodia.
E così, credo di aver ceduto. Voglio dire, credo di essermi arreso. E anche con un sospiro di sollievo. Quanto è faticoso lottare per imporre alla vita, costantemente, il tuo volere, le tue linee programmatiche.
Com’è faticoso costruire paratie per lo scorrimento degli eventi.
Eppure, come si fa a …, forse dipende da quel che ci hanno messo addosso da piccoli, forse, non so… poi impariamo un linguaggio e molte cose sono già formate lì dentro. Quando pensi, pensi con il linguaggio che hai imparato e vedi quello che il linguaggio ha già visto. E diventa difficile rinnovare la percezione del mondo e della vita.
Ma non è tutto qui. C’è anche qualcosa di indipendente e selvaggio che si agita dentro. Quello che non ti fa accettare del tutto passivamente gli usi e costumi vigenti e neanche le dottrine e le chiese. Quello che protesta, rivendicando una presa genuina del senso del vivere. Che non si sa neanche cosa la possa fornire. Ma il selvaggio non demorde certo per questo.
E io sono appeso a questo dilemma: tra il selvaggio che non osa accogliere una saggezza già confezionata e un vecchio che ha paura di morire da solo e diventa falsamente cedevole.
Sembra, comunque, che mi sia arreso in qualche modo. Vediamo…
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