La vita è un aperitivo
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La vita è un aperitivo.
– Jeffye, l’occhio mi cade sulle tette.
– Cazzo dici?
– Porti sempre queste scollature… mi aspetto da un momento all’altro che tutto scivoli giù e che spuntino sul palcoscenico due tette sguinzagliate. Mi rendo bene?
– Tette al vento… dici tu… qualcosa del genere?
– Io dico che la vita è come un aperitivo.
– Spiegati un po’.
– Va di moda, no?
– Dappertutto.
– Un aperitivo è la stimolazione dei succhi gastrici…
– Vuoi dire: in attesa di un pasto, una cena, un pranzo.
– Si dice così: prendiamo un aperitivo?
A quei tempi, l’aperitivo non era più l’apertura di un processo che portava al pranzo vero e proprio. Gli storici sottolineano il fatto che l’aperitivo poteva tenere il posto della cena. Tutta quella gente, dopo il lavoro, in attesa di una serata speciale… Andiamo a farci un aperitivo? E, lo sai, all’aperitivo tu trovi tre primi di pasta, alcuni bocconcini con formaggio, melanzane, peperoni sott’aceto, e funghetti sott’olio, mortadella tagliata a cubetti su una base di focaccia, un assaggio di salumi della Valsugana e vini in calice garantiti in qualità dalla promozione…Non dimenticare le frittate…
– Jeffye, è una vita che ti voglio scopare…
– Cazzo dici?
– Dico che la vita è un aperitivo. Hai il solletico di quel che significa vivere. Ti viene una voglia matta di fare un pranzo pieno della vita. Ma è come se, sempre, solo, ti fermassi all’aperitivo. Sentirne il gusto, l’attrazione – come le tue scollature…
Ma quando si mangia davvero?
*
La luna andava di sghimbescio, quella sera.
E forse avevamo bevuto un po’ di più – come di solito.
Tutto aveva l’aria della primavera.
Quando ti senti addosso quel formicolio… lo sai.
Non c’era da essere tristi. Eppure…
È come quando hai l’impressione di capire qualcosa oltre i soliti confini della percezione.
Sei felice, e triste, nello stesso tempo.
Sei pieno e sembra che ti manchi tutto, come un pozzo senza fondo.
E se Anna Magnani piange, sul piccolo schermo – qualcosa di repertorio – tu incominci a lacrimare.
E non sai perché.
*
– Io ti voglio bene, Gess, ma ti devo lasciare. Lasciamoci per amore.
Perché è tanto chiuso questo sentimento. E tu, a volte, sei tanto stupido. E obblighi anche me ad essere stupida, fino a questo punto.
Non è il caso che ci rotoliamo per anni e anni in questa melassa. Non si va avanti, in questo modo. Si rimane come in una casa di riposo. Tutto è un collegio. Ma non è vita.
All’inizio sembrava di vedere i fuochi sulla collina.
Te lo ricordi? Li abbiamo visti insieme.
Era un assaggio. Era come presentire che la vita è grande e straordinaria e meravigliosa.
Ma poi – cosa diavolo è successo?
E ora dobbiamo guardarci dentro…
È meglio che, per amore, ci lasciamo.
Piuttosto che…
*
Jeffye rotolava il suo bastone sulla sabbia.
Lo sciabordio dell’acqua marina.
Da sola, camminava sul bagnasciuga.
Pensava: la vita è un aperitivo. Senti il gusto, l’attrazione, il richiamo… ma non è ancora il pasto. Forse stiamo andando da qualche parte. Ma io, dove voglio andare?
Io, ho forse paura di volare?
Sì, il quadro si chiama Così si dice. Chissà che vuol dire? Ma credo che, se t’interroghi, tu lo sai benissimo.
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