Più che colti, intelligenti

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Più che colti, intelligenti


Le mappe danno l’impressione che il territorio stia fermo. Ma le cose non stanno proprio così. La vita si muove in continuazione e gli eventi non capitano a comando. L’impresa oggi non può contare su grandi regolarità prevedibili. Certe garanzie che sembravano assicurate in un recente passato – per quanto riguarda il lavoro, la salute, la previdenza… – si sono sgretolate rapidamente. Come i vecchi assetti politici internazionali con il crollo del muro di Berlino…


È la nostra epoca. È la realtà di fatto.


Questo non significa che non desideriamo più costruire delle certezze e dare alla vita delle regolarità garantiste. Al contrario. Dobbiamo inventarne di nuove, facendo fronte al cambiamento.


E questo vale per l’economia, la vita sociale – il mondo esterno – e vale anche per la vita interiore, per gli equilibri psichici, o come diavolo si chiamino.
Di fronte alla mutevolezza dei rapporti affettivi noi sappiamo che dobbiamo investire nell’amore di sé. E di fronte alla mutevolezza dell’ambiente esterno, della geografia che vogliamo attraversare con la nostra impresa, su cosa dobbiamo investire?


Noi non stiamo andando alla deriva, ma stiamo raccogliendo le forze e le nostre migliori energie per costruire nuove mappe e nuovi punti di certezza, nuotando in una corrente che sembra smontare tutto (il passato).


È anche possibile che ritroviamo un atteggiamento più sano, un’intelligenza più fresca, e il piacere di uscire da certi conformismi. Perché la sfida che il cambiamento ci porta è una sfida che ci riporta a una dimensione di sopravvivenza – in qualche modo. E qui i fronzoli sono destinati a cadere.


A chi intraprende, oggi risulta più chiaro che non basta quello che abbiamo studiato e imparato. Noi abbiamo imparato delle mappe, immaginando che rappresentassero esattamente le cose come stavano.
E ora stiamo imparando un po’ tutti a darci una scossa da quella sorta di pigrizia mentale intellettuale in cui ci siamo crogiolati in decenni di istruzione superiore.


Sì, ora è più chiaro: si trattava di una sorta di pigrizia intellettuale. Ci pavoneggiamo nella conoscenza delle mappe. Io conosco quasi tutta la storia della Filosofia Occidentale. Credevo di essere un padreterno per questo.
Stronzate! Ma lo stesso facevano i miei colleghi esperti di economia, con in tasca una manciata di diplomi da prestigiose Scuole di Business…
Solo apparentemente loro si occupavano di cose concrete mentre io di cose astratte! Eravamo tutti nell’astrazione. Perché eravamo esperti soltanto di mappe.


Se la vita fosse stata ferma, se fossimo stati in grado di imporre alla vita di non muoversi…
Ma le cose non vanno in questo modo.


La miglior dote di un’intelligenza impegnata a intraprendere è oggi quella di perforare tutte le mappe e di tornare a guardare la realtà. La capacità di credere ai propri occhi, alla propria osservazione diretta.


Avere un sogno e volerlo realizzare (idealismo) si sposa perfettamente con l’estremo realismo di chi si fida in definitiva solo del proprio fiuto, del proprio intuito, del proprio gusto, del proprio giudizio. E traffica con la propria esperienza attraversando i propri concetti e le proprie teorie. Concetti e teorie sono migliori quando sono trasparenti, quando non trattengono lo sguardo, ma lo lasciano dirigersi su ciò che conta davvero, che è la realtà.


Il gusto di tornare alle cose.
L’impresa creativa ha il gusto di tornare alle cose, spogliandosi delle varie teorie. Non è, per questo, la prerogativa di praticoni dalla mente ovattata. La testa deve funzionare a dovere. Nella testa dell’impresa creativa l’intelligenza torna ad essere la capacità di leggere dentro le cose (intus-legere).


Il quadro


S’intitola E mi venisti incontro.

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