E col pensiero io vado
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Il quadro è una donna bellissima che occupa una tela 80 x 140, in primo piano. C’è la luna, sullo sfondo, che richiama il movimento imprevedibile degli eventi. E la donna, integra nella sua fisicità, sta viaggiando col pensiero. Il titolo è dunque: E col pensiero io vado. Se non lo vedi e se non elggi bene il testo, clicca qui www.eugenioguarini.it
Pensiero Creativo. Istruzioni per l’uso?
Diversi mi chiedono d’insistere su questa faccenda.
Ci divertiamo un po’?
Ecco fatto.
Il punto che mi sta a cuore?
Partorire concetti, idee, aperture mentali, orizzonti nuovi – più colorati – esplorare il possibile, vedere vie d’uscita dove prima sembrava un cul de sac, rinnovare l’umore, rinverdire in questo modo la carica di energia, alimentare in questo modo la motivazione, iniettare gioiosa operosità, bollicine di champagne, insomma.
Assunti.
Le idee nuove vengono da sole, basta fare per loro il lavoro della levatrice.
Spesso è sufficiente ammorbidire la crosta che fa da interfaccia tra la mente nascosta (estensione del concetto di inconscio freudiano) e quello che avviene in superficie – nella zona cosciente.
Ipotesi operativa.
Là dentro, nella zona d’ombra, magmatica e terrigna della mente, è sempre tutto un fermento, una fucina. La centrale oscura è sempre attiva: accosta, fonde, avvicina, amalgama, produce. Ne hai un sentore di tipo emotivo. Che diavolo sta capitando là dentro? Cosa starò partorendo? Pressione da ogni parte. Lasciamo alla natura fare il suo lavoro.
Situazione di partenza.
Qualunque. Soprattutto quello che è avvenuto ieri sera, durante quella cena e quella discussione. Quelle persone mi fanno sentire qualcosa. C’è qualcosa che devo mettere in chiaro. Ho come una pressione addosso e molta confusione in testa. Ma sento che ne può venir fuori qualcosa di utile. Appena mi sento nella condizione giusta, mi ci metto a pensare.
Un modello mentale per questo lavoro.
L’albero. Le radici affondate nel terreno, che frugano sotto terra e assorbono nutrimento, nell’oscurità inquietante del profondo. Poi la paziente elaborazione lungo il tronco e nei rami (capillarità, risucchio, elevazione…) fino alle foglie, allargate alla luce, al sole (funzione clorofilliana). E ovviamente, fiori e frutti, a disposizione per il nutrimento (cultura, civiltà, risultati).
L’albero è un meraviglioso sistema di estrazione di materia prima dal sottosuolo e lavorazione della stessa fino a prodotto finito.
Meraviglioso modello di azienda biologica: cresce mentre persegue i suoi obiettivi e coniuga splendidamente lavoro e bellezza, benessere e dono.
Interfaccia critica.
La zona tra radici e sottosuolo.
Assorbire, selezionando, per immettere il materiale grezzo nel processo.
A che punto è il tuo fiuto istintuale?
Perché qui non si ragiona, né si giudica. Qui si sa scegliere d’istinto.
Non resta che affidarsi alla natura.
Qui il computer non è programmabile dal di fuori. È già stato programmato da millenni di evoluzione. Non resta che crederci.
È l’innocenza. Senza seconde intenzioni.
Cosa puoi fare?
Curare la tua salute, il tuo buon umore, il tuo benessere vivo ed attivo.
L’ecologia raggiunge le radici dell’uomo.
Un corpo inquinato pone limiti oggettivi alla creatività.
Cosa puoi elaborare di vitale quando sei pieno di tossine?
Ritrova le strade interiori dell’innocenza.
Assorbirai elementi sani.
E non sei neanche immune dai rischi più grossi.
Ma, lavora con fiducia.
Chi ha fatto il viaggio agli inferi – cioè nel sotto terra – ne esce vittorioso solo con l’innocenza.
I primi segnali.
E adesso ci siamo. Affiorano alla coscienza i primi segnali,. Sono pensieri non ancora pensati. Sono come pesci che guizzano nell’acqua fangosa. Devi afferrarli con la rete.
La rete è il linguaggio. Il linguaggio sobrio, veloce, scattante, delle parole che rivestono senza definire. La parola migliore, qui, è metafora. Permette di vedere senza rinchiudere in una definizione. Devi essere rapido. Cioè, lavorare d’istinto. Senza fermarti a pensare troppo. Un’immagine, un pesce. Se ti fermi troppo a ragionare, ne afferri uno, ma gli altri ti scappano. E qui abbiamo a che fare con un banco.
Vestiti appena da diventare visibili. Come fantasmi a cui butti la biacca addosso. E prendono una forma. Ma sono ancora mobili.
Fase successiva. La poesia.
È ora il momento dell’ispirazione. Qui natura e cultura si mescolano prima ancora di capirsi. Vanno a nozze. È la danza degli zingari nei campi. Leggende e miti si profilano nel cielo. Qui nascono i poemi. È la magia del film d’autore. È il momento sorgivo della cultura. L’alba del mondo dei significati.
Siamo esseri d’immaginazione. Dipingiamo la nostra vita come artisti.
Qui non ci preoccupiamo ancora del mercato. Ma del significato.
Vero e bello è ciò che affascina e rapisce.
Lo stupore, la magia. Tutte cose che l’artista conosce.
Il destino del mondo viene dal momento dell’arte.
Anche questo momento è critico. Troppa razionalità separata si è sparsa endemicamente negli ultimi secoli nel nostro mondo. Ma siamo in ripresa. Fine della dittatura dell’aridità razionale e calcolistica.
Quando i fiori sono esplosi, il frutto nasce.
La fecondità dell’arte, del momento poetico. Ora abbiamo sostanza sotto i colori della pelle. Non è più semplice belletto appiccicato sopra l’insignificante.
Sotto il sorriso radioso della buccia, la pesca è buona e nutritiva.
Ecco il prodotto finito.
Ecco il termine della lunga vicenda: la storia meravigliosa del parto creativo.
E ora, pragmatica e marketing.
LE NOTIZIE BELLE.
Entro un’ora da questo invio – lo spero, ci sarà la presentazione di un gruppo di amici bolognesi che, una volta al mese, si riuniscono per fare cultura attorno ai libri letti.
Vi ho partecipato martedì scorso. Un’esperienza gustosa e nutritiva. Vi presenterò i personaggi. Per trovare questo servizio clicca qui.
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