La realtà è assetata di sogno
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La realtà è assetata di sogno
Probabilmente l’abbiamo intuito la prima volta che ci siamo innamorati. Ma poi anche dopo, quando abbiamo visto il primo film, o abbiamo cominciato a dare la colonna sonora alla nostra vita con i nostri CD, e ancora con il computer, e certamente quando abbiamo dipinto, composto musica, imparato a ballare, realizzato il primo viaggio all’estero, la gita in barca a vela, o l’immersione sub, o il primo volo…
Un sacco di circostanze che ci hanno immesso quasi del tutto naturalmente nella dimensione del fantastico. Dove già ci preparavano ad entrare le nostre fantasticherie prima di addormentarci da bambini, o ci tenevamo le palpebre aperte per seguitare a leggere il romanzo d’avventura. Perché tutte queste cose sono nostre fantasie realizzate. Sogni realizzati.
È in quelle circostanze che abbiamo sentito un richiamo irresistibile – anche se abbiamo resistito lo stesso. La vita non è condannata al grigiore, alla monotonia, alla stasi.
La scelta dell’arte è proprio questa: credere nel sogno che prende forma. Credere che la materia del quotidiano, così come il progetto di lunga durata, possano diventare fantastici.
E si capisce che questa realtà fantastica nasce nella forma di un incontro folle – in rapporto a ciò che pensiamo voglia dire essere ragionevoli – tra noi e ciò che c’è. L’arte è coltivare le condizioni i questa follia. Innanzitutto decidendosi per essa.
Ma non possiamo ignorare il ruolo che ha avuto la scienza, la tecnologia, nella realizzazione dei sogni. Icaro ci provò con le penne posticce, ma la cosa non funzionò a dovere. I nostri aerei moderni cadono anche, ma sono più efficaci delle penne di Icaro. La televisione, la radio e il telefono mi consentono di superare spazi, vedere e sentire via etere. Certamente è un sogno realizzato. Soprattutto perché non esige virtù paranormali ed extrasensoriali. La tecnologia, e la scienza che implica, hanno ottenuto questo.
Questo mi fa pensare.
Mi fa pensare che a volte cerchiamo una strada magica alla maniera infantile.
E mi dà da pensare anche questo: che oggi riscopriamo il corpo, l’importanza della sua manutenzione, della sua energia, proprio grazie alla spiritualità, che ci spinge a respirare bene, a muovere le gambe e a ritrovare la forma e l’equilibrio.
Tant’è che, spesso, la parola spiritualità mi sembra perfino eccessiva.
Com’è che abbiamo disimparato a muovere il corpo, a rispettarne le esigenze, in maniera così diffusa?
Le abitudini imposte dalla civiltà industriale, l’orario di lavoro, lo sfruttamento unidimensionale (produrre, lavorare, dare prestazioni…) delle nostre risorse ci hanno decurtato del corpo e non solo dei sogni a largo raggio della nostra sete di vita?
Non sentite il desiderio di ripensare tutto daccapo? Liberandoci dalla presa non solo delle idee dominanti, ma anche dai legami di dipendenza nel lavoro, nel mercato, nell’uso del tempo di vita?
Stare bene, liberamente, avendo cura del corpo e tenendo il cervello fresco e il cuore aperto è un desiderio programma troppo infantile? Troppo elementare?
È chiaro: per realizzarlo, dobbiamo diventare “alternativi”.
Chi è il vero alternativo? Quello che fa di tutto per essere diverso dagli altri? Ma neanche per sogno. Il vero alternativo è colui che fa di tutto per essere pienamente se stesso. Ed è proprio per questo che si distingue dal gregge.
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Il titolo del quadro allegato è “Sì, l’avevo intuito”. È un acrilico su tela di un metro per un metro.
Un abbraccio,
Eugenio
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