A passo di danza

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A passo di danza


Il meglio di me, mi ripeto. Il meglio di me nelle cose che amo e che mi vengono facilmente. Quelle in cui l’anima si esprime con slancio, trasporto. E una disciplina che nasce dalla cura appassionata di ciò che già amo. Una disciplina che nasce dall’esercizio dei talenti come le nervature stesse della pianta che cresce, non come un paletto esterno, piantato a fianco per sorreggere un arbusto languido e incerto.


È vero. Io considero lo “stato di Grazia” come la misura giusta e normale della vita. Non mi perdo nel concetto di “normalità”, non lo abbandono al grigiore e alla piattezza delle medie statistiche. La vita normale, quella giusta, è nello stato di Grazia. Volere la vita è volere il meglio. Scivolo a lato di quella saggezza di poca misura che invita alla rassegnazione e non temo le angustie del desiderio quando si spinge oltre i confini del “realismo”. Non fa così l’innamorato, quando riceve il dono dell’amore? Non mi basta una salute che sia semplice assenza di sintomi. Voglio una salute che sia pienezza di vita ed espressione estatica di sé. E lavoro con l’ipotesi che tutto questo venga da sé, senza sforzi o conquiste, senza fare cose inaudite. Semplicemente aprendo le porte e sciogliendo le paure e le rigidità. Lo stato di Grazia è nella natura stessa della vita.


Basta essere collegati alla sorgente. Basta che i canali siano sturati, gli intoppi dissolti, le rigidità distese. Come nella danza, come portati dalla musica cosmica che sostiene e anima il movimento di ogni cosa.


Fin dalle prime ore del mattino ritrovare il ritmo giusto della vita, scandire il tempo con il ritmo del respiro dell’anima. La gratitudine è gioia in tutto il corpo e non solo una parola sussurrata in una frettolosa preghiera.


Un pianoforte a coda riscalda la mia operosità.


 


 


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Il quadro: A passo di danza, tra le foglie.



Eugenio Guarini
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