Punta alla Luna

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Punta alla Luna.


Mi dicono: Sì, è vero, quando ricevi la risposta, quando anche l’altro ti dice: ti amo, tutto salta all’ultimo piano e vedi la vita dal punto più elevato. Sei diventato tutto.
Ma quando non ricevi la risposta?
Dunque è importante affidarsi alle discipline che ti aiutano a coltivare l’autonomia, per reggersi in piedi da solo (da sola).
E si potrebbe ragionevolmente anche aggiungere: solo se sai star bene da solo (da sola) puoi entrare in un rapporto costruttivo con l’altro.
Dunque, bisognerà pur darsi da fare per non “dipendere” e non “ossessionare” il partner, delegandogli responsabilità che sono nostre!


È ragionevole, vero?
Non lo metto in dubbio. Gran parte del nostro lavoro su di noi consiste nell’accrescere la nostra autonomia affettiva, la nostra autonomia psicologica in genere.
Però, c’è qualcosa che sfugge a questa logica. Diverse cose.


La cosa più importante è che lascia andare in penombra il fatto che si tratta di una strategia “difensiva”. Spesso una difesa “a priori”. È dettata dalla paura di soffrire. La paura di soffrire è un mostro vampiro. Ti succhia metà della vita. Forse molto di più. Per paura di andare incontro a sofferenze atroci, insopportabili, ti metti in atteggiamento difensivo e ti concentri sull’autonomia.
Certo. Una strategia difensiva dev’essere nel cassetto. Un piano B bisogna averlo a portata di mano. Ma spesso questa strategia difensiva detta dell’autonomia non è un piano B. Accolta come filosofia generale diventa il piano A. E a questo punto il vampiro ha succhiato il tuo sangue.


Corollario – che è poi la tesi centrale. Bisogna puntare più in alto possibile. Del tipo: mira alla Luna. Se non ti va bene, avrai fatto un viaggio tra le stelle!
Puntare più in alto vuol dire seguire il richiamo più elevato. Il piano A è l’ideale. Dunque, la zona, Il flusso. E la corrispondenza d’amorosi sensi.
Chi si arrocca nella strategia difensiva “dimentica” la natura della felicità. Un po’ come chi si accontenta della salute come assenza di sintomi, dimentica la salute come pienezza di vita. Non riuscirà più a fare confronti intelligenti. Saranno tutti al ribasso. Il grigiore.


Chi si slancia deciso verso questo piano A fa il piano B in maniera diversa. S’interroga più o meno in questo modo: che cosa mi può succedere se mi va storto? E si rende conto, che non sarà ucciso.
Cioè, accetta le possibili conseguenze peggiori. È disposto a pagare il prezzo del fallimento. Ma proprio questo gli dà più slancio.


Il nostro mondo è pieno di terapie consolatorie. Non bisogna dimenticarsi cos’è, invece, la pienezza di vita. Se l’abbiamo provata, qualche volta, non bisogna perderne il ricordo. Se non l’abbiamo ancora provata, essa è racchiusa nei nostri sogni – purché ci diamo il permesso di sognare senza economia.
Corollario: bisogna elaborare una cultura che valorizzi la sofferenza. Che la positivizzi come geografia di passaggio per una vita veramente grande.


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Il quadro è sempre: Il richiamo. E’ troppo bello per me. Non riesco ancora a lasciaro, per farne un altro. Succede così nella vita dei pittori. E pensare che c’è stato un tempo in cui via uno via l’altro!

Eugenio Guarini
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