Un orizzonte infinito

Il quadro: “Orizzonte”, acrilico su tela, cm 100×100.

 

Marco sedeva sul balcone che dava sul torrente e sulle colline moreniche. Leggeva un intrigante thriller nordico la cui protagonista femminile era una ragazza intelligentissima, incline a una vita solitaria e indipendente, affascinata dal teorema di Fermat.

Quando interrompeva la lettura, Marco pensava a quanto poco conoscesse del mondo là fuori, o come fosse digiuno di matematica, o di astronomia, o di fisica delle particelle.

E di tutto il resto.

Avrebbe desiderato una vita dal tempo illimitato per leggere tutto ciò che lo interessava, per imparare a conoscere e pensare. Gli sembrava che non ci fosse abbastanza tempo per gustare e sentire la ricchezza di tutto ciò che c’è e di tutto ciò che è stato. E immaginava che questo non fosse altro che l’introduzione a qualcosa di ancora più importante: la possibilità di contribuire in maniera feconda a costruire il futuro.

L’orizzonte del desiderabile era talmente vasto da paralizzarlo. Alla fine si doveva rassegnare, controvoglia. E a concludere che, in qualche maniera piuttosto enigmatica, le cose potessero prendere un’altra piega. Perché altrimenti…

E voleva resistere al senso di scoramento che questi pensieri suscitavano. Volva credere che questa inquietudine, questa sete senza limiti, fosse destinata a qualcosa di positivo, di costruttivo, nell’economia della vita.

E, intanto, vedeva come quella inquietudine lo spingesse a non fermarsi mai, a non chiudere la partita per ritirarsi in santa pace. E questo era buono.

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