Alla luna

Il quadro: Alla luna


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Alla luna


La parte di me che è un osservatore non finisce di meravigliarsi. La vita come spettacolo è qualcosa di inesauribile, sorprendente, eccita l’animo e ti spinge a sognare. È anche meglio del film.


La parte di me che vuole una storia, che chiede di essere l’autore della sceneggiatura, il regista del film, non sente ragioni. Non si lascia convincere alla saggezza. Quello che vuole e che disegna nei gesti è qualcosa che non c’è, è qualcosa di assurdo, paradossale, perfino impossibile.


Il cacciatore del senso è la versione esistenziale del cacciatore di aquiloni. È questo il punto centrale, il cuore della vicenda.


C’è qualcosa di provocatorio nell’idea che mi viene in testa e che sto per dire. È provocatorio non per gli altri, in prima istanza, ma per me stesso, il me della parte educata, quella che sembra allinearsi volentieri con i benemeriti della socialità.


L’idea che sfrigola nel cervello come la cipolla nell’olio bollente è quella che ti spinge ad enfatizzare l’individualismo, l’originalità, perfino l’eccentricità. Perché niente sembra più vivo di quanto si verifica in quella cosa straordinaria che ti consente di dire: Io.


Bersaglio di ogni critica morale, religiosa, mistica, l’Io è il centro della vita e il luogo ineludibile in cui si decide della storia, del senso e perfino di Dio. E persino del senso dell’Io stesso. Del suo sacrifico, del suo abbandono o della sua esaltazione.


Io guardo la luna, sul lago o sul mare, la notte. E vedo la scia luminosa riflessa dall’acqua dirigersi proprio verso di me.  Non posso ignorare che il mondo è fatto in questo modo: da rendermi il centro dell’universo. Ma so anche che ognuno può dire la stessa cosa.


Dunque un mondo policentrico, dunque tutti sono protagonisti. Ma che tu – anche tu – possa dire, allora, un giorno: ho vissuto!

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