La Partita del Cuore

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La Partita del Cuore


– Jenny!


C’era un gran silenzio nel  chiostro del convento. Le piante dei limoni olezzavano – che è dir tutto. Olezzavano vuol dire che ti prendevano per l’olfatto e tu pativi in quarta, con il silenzio, il porticato, quello che ti saltava in mente, derivato dagli studi della storia e da chissà cos’altro. E il silenzio era come la solitudine dell’uomo. La solitudine in cui tu puoi dire e sentire tutto. Senti e ricordi la tua vita passata, tutti quegli eventi che ti hanno scombussolato, e che tu hai cercato di interpretare con le categorie che avevi nel cervello. Ma che non bastavano. Non bastavano mai.


– Jenny!


E c’era il pastore, il suo amico Timoteo e tutti gli altri. Venivano dalla Chiesa. Erano milanesi. Dove la Chiesa vuol dire: noi abbiamo la parola , e tu?


– Jenny!


Sì, avevamo mangiato insieme. Alla mattina loro avevano cantato. Tu non c’eri. Ti  eri svegliata presto, come al solito. E poi, a camminare, lungo il mare. E loro, che si erano svegliati dopo, avevano fatto colazione, poi cantato, e chissà  quali metafisiche visioni avevano visto, e poi in piazza, con gli altri, a fare spettacolo, la gente, l’amministrazione,


Jenny scorreva lungo la linea del tempo come una che andava incontro agli eventi, e li aspettava. Erano giorni che ripeteva la stessa musica nel cervello. Voleva che la sua vita fosse una vita, che ci fosse una cosa da fare, quelle cose importanti che ti dicono che non sei nata invano, insomma che non ti esaurisci totalmente tra la messa in piega, lo shopping e la visita a zia Carlotta…
Finché sentì quella voce che ti chiama, nel convento, il chiostro con le piante di limoni – profumatissime. Olezzavano…


– Jenny!


– Che vuoi? – disse Jenny, attorcigliandosi l’orlo dei pantaloni, per dare aria ai polpacci, o qualcosa del genere,.


E allora lui parlò. Parlava a Jenny e a nessun’altra. Come si parla dopo aver cenato, e bevuto e preso il caffè.


– Jenny, ti hanno detto che devi entrare in una Chiesa, aderire a un partito, far corpo comune con una parte. Ma tu , da tempo lo sai che in una parte, forse in qualsiasi parte, non ci puoi stare con le gambe dritte. Ti ricordi che non volevi prendere la tessera del partito? Ti ricordi che anche quella del sindacato ti andava stretta? Lo so Jenny come sei. Ti conosco da tempo. Tu non vuoi “appartenere”.


– Sì, hai ragione, non voglio appartenere. Io sento che la vita è viva e che è tutto un mistero. Ma nessuno, per questa cosa che sento, può prendermi dentro. Io non voglio appartenere. Il Dio che sento è un Dio che dice: ognuno. Tutto quello che ognuno sente sono IO.


Jenny pensava a domani. Domani, a Milano, c’era la Partita del Cuore. Ne conosceva la storia. E piangeva ogni volta che vedeva un servizio alla televisione, ogni volta che ne sentiva parlare. E Jenny diceva a se stessa, o forse era quella voce che lo diceva a lei: questa è la strada. Dimenticare ogni divisione, ogni competizione, per portare un piccolo contributo – quanto è grande una vita? – a qualcuno che ha fame, che è malato, che soffre. Soprattutto ai bambini.


Ogni appartenenza è stupida di fronte all’intelligenza che si apre quando l’amore va incontro al dolore. Perché questo amore, anche a piccoli passi e senza casse di risonanza, è l’intelligenza più elevata cui possiamo accedere. Ed è il senso della vita prima che ci mettiamo a spiegarne il perché.


Non ci sono divisioni religiose, politiche, culturali, etniche, razziali che tengano di fronte allo sguardo di questo amore.
Jenny pensava a domani, alla Partita del Cuore. E diceva: questa è la strada.


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Eugenio Guarini
http://www.eugenioguarini.it

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