Cambiare vita alla mia età?
Il quadro si chiama “La città vecchia”. Si tratta di uno smalto su tavola, di cm 105×100.
Quando vado a tenere una conferenza all’UNITRE leggo talvolta nello sguardo delle persone che mi stanno a sentire (solitamente si tratta di settantenni e oltre) una domanda piuttosto interessante, anche se l’espressione con cui mi viene tacitamente rivolta è piuttosto incredula: “Perché mai, alla mia età, dovrei impegnarmi a cambiare vita e a rimettermi in campo?”.
É una domanda che mi attraversa in prima persona, anche se istintivamente io sento che è proprio quello che voglio fare, per la semplice ragione che voglio essere vivo fino all’ultimo, che ci sono ancora cose che decido fare e ottenere, e che l’alternativa la troverei piuttosto noiosa e pregna di conseguenze depressive.
Può essere che per qualcuno, a ottant’anni, sia saggezza accettare di entrare nella fase calante dell’esistenza e abbandonarsi fiducioso alle forze cosmiche. Non per me.
Individualmente ho un desiderio folle di sentirmi vivo. Di esserlo! E sogno di poter essere ancora produttivo e utile.
Da un punto di vista sociale, mi sembra che ci sia uno spreco immenso di risorse, nel momento in cui le società stanno invecchiando, che un numero così grande di anziani se ne restino ai margini della vita sociale e culturale, limitandosi a intrattenimenti piuttosto passivi (ah la televisione!), rinunciando ad esplorare il potenziale creativo che ancora hanno addosso.
C’è una mancanza di immaginazione progettuale. C’è fiacca!
Qualcuno dice che maggior impegno attivo e creativo da parte degli anziani avrebbe vantaggi anche sulla loro salute e sul contesto in cui vivono. Credo che sia così. Gli acciacchi ci sono e ci accompagnano. Ma non devono diventare l’alibi per una rinuncia in tronco alla vitalità.
Categorie: Eugenio Guarini